Man Ray al Man
Il Man Ray che non avete mai visto. Vita privata e arte s’intrecciano in un taglio curioso e originale. A ricostruire le tappe fondamentali della sua esistenza. Tra opere rare ed alcune inedite, fotografie ed oggetti personali che ci restituisco una visione più intima dell’artista…
Mistificatore, dissacrante, ironico e provocatore. Abile manipolatore dall’ineguagliabile forza creativa e padre della fotografia senza macchina da presa. E non solo. Parliamo di una delle personalità più eclettiche e versatili dell’avanguardia artistica europea: Man Ray, al secolo Emmanuel Radnitzky. Genio indiscusso, trascinato dalla continua tensione alla sperimentazione che incarna innovazione e al contempo contraddizione, che fin dal principio considera la fotografia come unica attività veramente remunerativa. Ambiguità, sovvertimento e decontestualizzazione, esasperazione di meccanismi impossibili, riflessione disincantata sul corpo femminile, sulla sessualità e il voyeurismo, queste le cifre che caratterizzano l’iter dell’artista per la prima volta in Sardegna in una mostra che fa la differenza. Grazie al taglio originale che esibisce capolavori, opere rare ed alcune ancora inedite che ricostruiscono l’universo visionario dell’artista, in un percorso che si svolge tra New York, Parigi e Los Angeles per ritornare a Parigi dove morì nel 1976.
Trecentotrenta pezzi tra sculture, dipinti, disegni, fotografie, oggetti e documenti personali sono stati sapientemente selezionati tra gli oltre duemila che fanno parte della collezione del Man Ray Trust di Long Island a NY e assemblati ad occupare tutte le sale del Museo. Uno sguardo all’artista in parte sconosciuto in un percorso inusuale dove vita privata e arte si amalgamano catturando lo sguardo tra fascinazione e stupore. Se, infatti, non sorprende avvistare tra gli effetti personali chiusi nelle teche bastoni da passeggio, bombetta, anelli e valigetta da lavoro mentre fra i documenti le bozze dell’autobiografia, la richiesta di un brevetto per una scacchiera e la formula di un procedimento chimico fotografico, non passano certamente inosservate alcune foto scattate durante l’amplesso con Kiki de Montparnas, serie pubblicata dallo stesso Breton che fu sequestrata e distrutta. Ma anche gli strumenti usati per le rayografie, i gioielli creati appositamente per la moglie o gli appunti per un manoscritto, che ci restituiscono una visione più intima dell’artista.
Tra effetti sabattier, meglio noti come solarizzazioni, e rayografie - le stesse che Breton recepì come interpretazione visiva della scrittura automatica surrealista - una selezione di fotografie di moda dai tratti fortemente pittorici e numerosi ritratti-icona che rientrano nel lavoro di documentazione di artisti contemporanei come Picabia, Matisse, Brancusi e Picasso ma anche Hemingway, Stravinskij ed Henry Miller. Non poteva mancare, infine, il celebre Cadeau - ferro da stiro chiodato - creato in occasione della prima personale a Parigi e riprodotto in serie dopo il furto in galleria.
Accompagnata da un importante e ben strutturato catalogo di quasi 400 pagine, la mostra attinge il titolo da un’opera che divenne anche l’epitaffio scelto dalla moglie per la lapide della loro tomba e che riassume il rapporto di Man Ray con la propria opera e con il pubblico. Incurante della sua grandezza e degli esiti raggiunti ma lucido e acuto osservatore della realtà. Curioso, attento ma mai troppo serioso. Unconcerned but not different, appunto. (r.v. exibart)
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