ICONOGRAFIA: L'Ultima Cena

"Una casa. Al suo interno c’è una tavola con focacce e piatti colmi di cibo; c’è una coppa e un grande recipiente per il vino. Cristo è seduto a tavola con gli apostoli. Sul lato sinistro, Giovanni è disteso sul suo grembo; a destra Giuda allunga la mano nel piatto e guarda Cristo." Così recita il manoscritto d’iconografia bizantina redatto tra il X e l’XI secolo d. C. che detta le regole per rappresentare il culto eucaristico oramai istituzionalizzato con la figura di Cristo tra i discepoli nell’Ultima Cena.


Poiché in epoca paleocristiana il rito del banchetto sacro (agape) veniva rappresentato così come era vissuto, ovvero nel contesto di un’abitazione privata, come nella Fractio Panis delle Catacombe di Priscilla (prima metà del III sec.), la più antica raffigurazione della Cena Eucaristica. Per passare a un Cristo-Filosofo tra i discepoli, disposti a semicerchio coi pesci al centro - secondo la tradizione catacombale - come nel mosaico di Sant’Apollinare Nuovo (inizio del VI sec.) che non si discosta troppo dalla miniatura del Codice dei Vangeli di Rossano Calabro (VI sec.), già ispirata a modelli orientali.


Se Giotto e Duccio dispongono i commensali sui due lati del tavolo con Cristo al centro, Andrea del Castagno, il Ghirlandaio e Luca Signorelli si riferiscono invece all’iconografia classica che prevede gli apostoli allineati lungo un tavolo con Cristo al centro e Giuda da solo di fronte agli altri.


Motivo di meditazione durante i pasti dei monaci, fino all’epoca rinascimentale si usava rappresentare il Cenacolo rigorosamente nei refettori conventuali, così come il più celebre al mondo, quello vinciano, che ne rivoluziona i dettami con i 13 commensali tutti dallo stesso lato, le profonde fughe prospettiche e soprattutto la scelta del momento da rappresentare, ovvero l’annuncio dell’imminente tradimento e la conseguente reazione degli apostoli.


Da lì a poco le varianti dell’Ultima cena saranno sempre più consistenti. Perde di linearità e sintesi per arricchirsi di personaggi, animali e nuovi elementi con Tintoretto. E se Poussin adagia alcuni discepoli su triclini, Nolde raggiunge il culmine della drammaticità tra deformazione e accentuazioni cromatiche.


Fino ad arrivare al il manifesto pubblicitario censurato a Milano nel 2005 con una versione fashion del Cenacolo, e in tempi recentissimi alla dissacrante visione di LaChapelle e allo spettacolare intervento multimediale di Peter Greenaway.


(Pubblicato sulla rubrica Iconografia di Grandimostre n. 6)










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