Luci e ombre di Pino Musi


Si apre con quel che rimane dei doppi cartelli turistici dell’Asinara: da una parte una pagina bianca illeggibile poiché consumata dal tempo, dall’altra una pagina scura con ancora impresso il codice Braille. Il progetto fotografico di Pino Musi che annulla il contrasto tra luce e oscurità in Sardegna.

 Non è il panorama che si coglie da quella angusta bocca di lupo bensì il punto di vista obbligato di Totò Riina dalla branda della sua cella, a rapire l’attenzione di Pino Musi (Salerno, 1958), che si concentra sulla restituzione di una sintesi a favore di un approccio estetico più che documentaristico. Ed ecco che a quell’apertura si allineano i volumi rigorosamente geometrici di una lastra con sgabello e di uno stipetto che in uno sguardo d’insieme non possono non ricordare il Suprematismo maleviciano. Si, perché punti di vista e tagli fotografici inconsueti uniti al rigore e alla razionalità delle strutture, soprattutto quelle d’epoca fascista, sono congeniali a creare una forma di astrazione visiva.


Sottotraccia è il risultato di una residenza sull’isola in due tempi: cinque giorni a giugno all’Asinara e due settimane a settembre nel Sulcis. Due poli opposti per una riflessione sulle tracce dei processi di trasformazione della Sardegna. In perfetto equilibrio tra luce e tenebre. La luce abbagliante che investe l’isola dell’Asinara e il buio profondo delle miniere del Sulcis Iglesiente.

Le 43 fotografie in bianco e nero, scevre da quell’aurea di degrado e abbandono che ha da sempre contraddistinto queste zone, rivelano un’attitudine a cogliere l’essenza dell’immagine. Ciò che di poetico è andato perduto, ristabilito da quel segno sintetico e rigoroso che scaturisce dal buio e viceversa, in quei luoghi dove ora la natura si fa largo recuperando i propri spazi.



Dalle colline di scorie rosse a Monteponi, alle torri della miniera di Serbariu a Carbonia. Dalle teorie di porte e finestre degli edifici abbandonati di Cortoghiana e Bacu Abis che si aprono rigorosamente allineate, a ciò che rimane delle strutture del carcere di massima sicurezza. Fino agli scorci dei cantieri minerari sul mare di Buggerru, Cala Domestica e Masua. Nelle foto di Pino Musi tutto concorre a recuperare uno sguardo che scandisca l’evoluzione dell’isola e il passaggio dell’uomo nel corso del tempo.



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