L'anno d'oro di Pastorello



Non sono mai uguale a me stesso e continuo a ripetermi. Sono l’errore e il fraintendimento ad agire più dell’istinto o della ragione. Quando lavoro non sono me stesso ma uno strumento di quello che faccio. Raggiungo, in alcuni momenti di grazia, quello stadio in cui vedo quello che sta per accadere: la forma che si compirà; è tutto molto magico, e credo più nella forma che nel talento. Io so fare solo quello che so fare. Lo stato di grazia per Pastorello, al secolo Giovanni Manunta (Sassari, 1967), è una dimensione sospesa e metafisica tra cielo e terra, tra reale e intangibile. É quella condizione che si colloca in perfetta armonia tra figurazione e astrazione scaturita dall’esigenza di superare la schizofrenia che separa i due linguaggi. Pittura su tavola del XIII secolo, classicismo rinascimentale, Suprematismo, Surrealismo e Realismo Magico strutturano il ricco immaginario allegorico dell’artista. 

L’urgenza di attingere ai maestri del passato ben si articola a suggestioni d’impronta Neo Pop, stratificazioni della cultura di massa che confluiscono in una straordinaria sintesi formale di forte impatto cromatico e visivo. Tutto il mio lavoro è influenzato dalla tecnica che utilizzo, che mi sono inventato cercando una sintesi tra la forma tubolare di alcune tag, la pittura cinese e la pittura su tavola italiana. Dipingo quello che devo dipingere, non decido quasi niente.





La mostra alla Galleria Comunale a Cagliari

Sono 20 le opere selezionate dalla curatrice Alessandra Menesini rappresentative dell’evoluzione espressiva dell’artista nell’arco dell’ultimo ventennio. Tutto il peso del mondo è un urlo disperato sgorgato dall’io più profondo, è l’inquietudine dell’uomo moderno nei confronti di una società allo sbando ma soprattutto incarna la richiesta di un urgente intervento per contrastare il degrado di ecosistemi e risorse naturali. Un viaggio negli abissi più oscuri dell’umanità per poi riemergere nella luce nonostante gli ingannevoli cromatismi brillanti e vibranti. Artista tra i più abili e interessanti del panorama contemporaneo sardo, Pastorello in questo frangente mostra una spiritualità sofferta che ritroviamo nelle piccole tele su fondo oro intrise di mistica sacralità maleviciana.

Tra un approccio neo concettuale e suggestioni intimiste e visionarie, l’artista si serve della pittura per capire il mondo e affrontare la vita. Mi interessa Il concetto di esistenza, dellimpossibilità di individuare un io”, della plausibilità di quello che percepisco/concepisco. Mi chiedo ancora cosa sia il mondo.




Paesaggi e ritratti

L’intera mostra si snoda tra paesaggi e ritratti. Paesaggi dove la materia si disgrega e si riduce a un turbinio di molecole iridescenti prima di bloccarsi e galleggiare silenziosamente. E ritratti di cui rimane solo una parvenza umana. Creature ibride, alienanti, non a caso la curatrice dichiara: non c‘è niente di naturale nella natura di Pastorello, che ha scelto questo pseudonimo bucolico - in fondo dolce - per distaccarsi da un continuo ragionare. Sulla pittura, innanzitutto. Ogni quadro, dichiara, è una porzione di universo, che lui rappresenta spezzato e inquieto, contraddittorio e in battaglia. Tumultuoso e molto vicino all’Apocalisse, nel senso etimologico di rivelazione.




La mostra a Oristano

Contemporaneamente alla mostra cagliaritana è in corso la più ampia esposizione dell’artista al Foro Boario di Oristano curata da Ivo Serafino Fenu. Kolossoi. Pastorello nell’isola dei Giganti, 60 dipinti di cui diversi inediti e una scultura monumentale, è la summa dell’opera di Pastorello. Le statue colossali di Mont’e Prama sono, in questa occasione, il pretesto per un viaggio nell’universo dell’artista scandito da selve e animali selvaggi che si contrappongono a ritratti eterei baroccamente incorniciati.

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