Looking for Nothing di Enrico Piras



Ogni tecnologia sufficientemente evoluta è indistinguibile dalla magia. 
(Arthur C. Clarke)
In costante bilico tra realtà e finzione, l’indagine di Enrico Piras è fatta di riflessioni che viaggiano per binari paralleli per poi incrociarsi, sovvertirsi e adattarsi al contesto. In una dimensione ironica e a tratti grottesca che ha come obiettivo l’effetto di straniamento, la ricerca è intesa come cammino, come terreno fertile per una scoperta narrativa in continuo divenire. E dove la natura fittizia ne determina un metodo rigorosamente analitico che confluisce nella catalogazione e archiviazione di elementi decontestualizzati collocati in un percorso oscillante tra natura e artificio. Così come in Looking for nothing, progetto installativo realizzato ad hoc per la galleria che origina da una leggenda, da un racconto carpito involontariamente. Una storia immaginaria che vede protagonista una cassa paracadutata da un aereo inglese durante la seconda guerra mondiale. Era forse un cassa piena di viveri destinata alla sopravvivenza di qualcuno? Oppure un tesoro abbandonato in attesa d’essere recuperato? Conteneva materiale di cui era assolutamente necessario liberarsi? O era un trucco per depistare il nemico? Non è dato a sapersi. Così come nient’altro che riguardi il presunto avvenimento è dato a sapersi. Questo perchè l’avvenimento non è inteso come tale bensì è il pretesto per seminare indizi che permettano di reinventare il racconto. Di emulare la realtà visibile perchè il suo fine ultimo è quello dell’illusione e dell’apparenza. Non a caso per Schopenhauer il fenomeno è pura illusione, apparenza, sogno; tra la rappresentazione e la vera realtà si distende il “velo di Maya” (..) che avvolge l'uomo come in un sogno illusorio e gli impedisce di conoscere la vera essenza delle cose.
Looking for nothing vuole essere un vero e proprio terreno esplorativo fatto di steps da seguire, un archivio aperto alle dinamiche che la ricerca stessa crea e che prende avvio dai base camp - insediamenti provvisori - per proseguire con l’analisi del fenomeno dei cargo cult e dello spirito di emulazione che limita l’oggetto all’aspetto esteriore eludendone il reale funzionamento e che rappresenta la necessità dell’uomo di fondare le proprie convinzioni nella dimensione sovrannaturale quando le facoltà di comprensione sono insufficienti. Dopo una serie di immagini che documentano lo scavo si approda al rabdomante all’opera che nella sua ossessiva ricerca incarna il rapporto mistico che si crea tra lui e il territorio su cui si muove e alle scatole disseminate per terra che contengono ossa, pietre, piccoli oggetti rinvenuti durante gli scavi e alcune immagini di piccolo formato da osservare con una lente. Minuscoli frammenti e materiali disparati che s’incastrano come tasselli si sovrappongono, si mescolano e confondono per costruire un’altra storia. Ogni volta diversa e irreale, poichè come possono le immagini darci l’evento reale, se le immagini, la virtualità e la finzione s’infiltrano nella realtà? Si domanderebbe Baudrillard. 
Ripetitività e cadenza del gesto sono una costante che vede il culmine nell’ultima fase del percorso: la stanza nella stanza, con il video girato con una videocamera fissata su uno slittino trascinato in un percorso circolare. L’esplorazione a questo punto si trasfigura in gesto ripetuto, diviene una sorta di litania dal ritmo ossessivo e cadenzato che si muove in maniera circolare. Come il percorso della ricerca fatta di ipotesi, sperimentazioni e tentativi, ma sempre senza una destinazione ben precisa. Un pensiero che gira su stesso. E che offre una traccia solo a chi ha voglia di cercare. (Roberta Vanali) 

Testo di presentazione della mostra
Looking for nothing di Enrico Piras
a cura di Roberta Vanali
9 / 24 giugno Galleria Meme

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