Edward Hopper. Ritratto d'artista in due tempi


Ben 160 opere per rendere omaggio alla carriera di Edward Hopper. Con un’antologica che non ha precedenti in Italia. Un’occasione per approfondire il linguaggio espressivo di uno dei più grandi artisti americani del Ventesimo secolo, un pittore che celebra la metropoli come spazio poetico, insieme alla solitudine e alla malinconia dell’individuo. In una dimensione sospesa e silenziosa. A parlarci di questo grande artista e delle mostre che si terranno a Roma e Milano, è Carter Foster, conservatore del Whitney Museum e curatore dell’evento…



Edward Hopper è stato fra i primi paesaggisti della metropoli postmoderna. Quale ruolo gioca la figura umana nei suoi quadri?
Beh, spesso sottintende una dualità: c’è la persona rappresentata e la presenza implicita dell’osservatore. Hopper ha inventato il voyeurismo come tema moderno, e i suoi personaggi sono spesso incorniciati, o rappresentati in uno scenario che implica lo sguardo dello spettatore.

Qual è la genesi di questa prima grande antologica in Italia?
L’idea è stata di Katy Spurrell e di Arthemisia. Essendo curatore del Whitney e avendo lavorato molto con le opere di Hopper, avevo già avuto modo di discutere con Katy tempo addietro circa la possibilità di allestire una mostra dell’artista con i lavori della collezione permanente del museo. Organizzarla in Italia, dove l’evento era inedito, sembrava la cosa giusta da fare.

Tanto da farne due tappe…
La mostra è promossa dal Comune di Milano-Cultura, dalla Fondazione Roma e dalla società Arthemisia, ed è diventata l’occasione per unire pubblico e privato in un’importante collaborazione che vede protagoniste le due maggiori città italiane in unico progetto espositivo. La rassegna si terrà dunque a Palazzo Reale di Milano dal 15 ottobre 2009 al 24 gennaio 2010 e, subito dopo a Roma, presso la Fondazione Roma Museo, dal 16 febbraio al 13 giugno 2010. Successivamente partirà per Losanna.

Quale sarà il leit motiv dell’esposizione?
La mostra è composta quasi esclusivamente da lavori che provengono dalla collezione del Whitney Museum. Per questo, l’attenzione è incentrata sul processo artistico di Hopper, in particolare sulla relazione che c’è tra i disegni e i dipinti dell’artista. Inoltre, l’esposizione fa luce sulla formazione della poetica del pittore nei primi anni della sua carriera.

Ci regali qualche anticipazione sulle opere in mostra…
Ci sono opere significative di tutti i periodi, ma se devo metterne in evidenza alcune, sceglierei la serie delle incisioni. È in queste stampe, infatti, che Hopper trovò la sua voce come artista maturo e sviluppò i temi e le atmosfere che sarebbero diventate centrali per la sua estetica. Poi ci sono due dei suoi dipinti più rappresentativi: Seven A.M (1948) e A Woman in the Sun (1961). Il primo è un magnifico esempio della capacità di Hopper di evocare atmosfere. Quasi di “dipingere” il silenzio. Il secondo invece esemplifica uno dei temi più importanti della carriera dell’artista: una donna in una camera da letto, a rappresentare l’isolamento e la solitudine, ma anche uno stato assorto, pensieroso. Insieme alla sensazione del semplice stare al mondo.


Come sarà strutturato il percorso espositivo?
Suddivisa in sette sezioni, seguendo un ordine tematico e cronologico, l’esposizione italiana ripercorre tutta la produzione di Hopper, dalla formazione accademica agli anni in cui studiava a Parigi, fino al periodo “classico” e più noto degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta. Per concludere con le grandi e intense immagini degli ultimi anni. Prendendo in esame tutte le tecniche predilette dall’artista: l’olio, l’acquerello e l’incisione. Le prime sezioni (Autoritratti, Formazione e prime opere e Hopper a Parigi) illustrano le opere del periodo accademico e del periodo parigino. Mentre la sala dedicata a La definizione dell’immagine: Hopper incisore mette in evidenza quel “senso di incredibile potenzialità dell’esperienza quotidiana”. Nella sezione L’elaborazione di Hopper: dal disegno alla tela viene presentato un gruppo significativo di disegni preparatori per il celebre Morning Sun (1952) e per il precedente New York Movie (1939). Le sale dedicate a L’erotismo di Hopper e I concetti essenziali: il tempo, lo spazio, la memoria illustrano al meglio la poetica dell’artista, il suo discreto realismo e soprattutto l’abilità nel rivelare la bellezza nei soggetti più comuni. Come testimoniano Cape Cod Sunset(1934), Second Story Sunlight (1960) e A Woman in the Sun (1961).

La mostra è corredata da un apparato di fotografie e documenti sulla storia americana dal 1920 al 1960. Come mai questa scelta? Ogni sezione è arricchita da documenti e immagini che illustrano l’evoluzione storica americana, con il suo rapidissimo progresso tecnologico, scientifico e industriale. Fino ad arrivare allo sbarco sulla Luna e alla nascita dei mass media. I conseguenti cambiamenti sociali, culturali e artistici non sembrano però intaccare la poetica di Hopper, che rimane sempre fedele ai suoi assunti pittorici. Immune ai fenomeni d’Avanguardia in Europa, così come a quelli della Pop Art americana, Hopper è diventato cionondimeno l’artista più rappresentativo dell’America del XX secolo. La mostra consente di cogliere al meglio questo contrasto, cioè l’atipica modernità di Edward Hopper.


E attraverso quali tappe fondamentali giunse a giocare questo ruolo centrale?
Hopper iniziò la sua formazione come illustratore e poi continuò gli studi con due importanti artisti dell’epoca: William Merritt Chase e Robert Henri. Quindi ha una solida base nella pittura a olio e nel disegno. Dopo un periodo di viaggio attraverso l’Europa e un lungo soggiorno a Parigi tra il 1907 e il 1910, Hopper fece ritorno in America e per vivere iniziò a lavorare come illustratore. Trovò per la prima volta la sua voce come artista maturo con l’incisione, anche se aveva iniziato a dipingere quadri in uno stile che preannuncia il suo più tipico già nel 1909. Dipingeva anche acquarelli, che all’inizio si vendevano meglio dei dipinti. È tuttavia negli anni Venti che Hopper inizia a realizzare i suoi quadri più rappresentativi, fissando lo stile che lo ha reso famoso.

L’evento è accompagnato da una campagna pubblicitaria unica nel suo genere, ce la descrive?
Questa campagna di comunicazione vuole guardare alle persone come “soggetti attivi”, piuttosto che come “consumatori”, al fine di creare un evento che sia prima di tutto un’esperienza unica e coinvolgente per il visitatore. Le persone comuni sono protagonisti e testimonial dell’annuncio della mostra. Sono stati più di 3000 i partecipanti alle riprese fotografiche che hanno portato alla scelta di dieci scatti, tra i più accattivanti ed espressivi. I loro volti compariranno sui manifesti affissi nella città di Milano con lo slogan: “Chi è l’artista preferito di…? Edward Hopper”. Tutte le foto scattate per la campagna saranno inoltre proiettate in mostra.

Quali sono le sue aspettative per questa mostra?
Spero che l’esposizione congiunta dei disegni preparatori e dei dipinti dia il via a nuovi approfondimenti sul procedimento artistico di Hopper e sproni ulteriori ricerche sul modo in cui concepiva e sviluppava i suoi dipinti, opere che hanno avuto un enorme impatto sull’estetica del Ventesimo secolo.

[intervista a cura di Roberta Vanali] articolo pubblicato su Grandimostre n.06 # settembre-ottobre 2009

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