L'Indicibile Dicibile

L’inconscio è l’oceano dell’indicibile, di tutto ciò che è stato espulso dalla terra del linguaggio, rimosso come risultato di un’antica proibizione. Territorio dell’indicibile per Calvino è l’inconscio, luogo dove si celano zone d’ombra, dove albergano verità inenarrabili poiché troppo forti per essere verbalizzate. Ovvero ciò che si rivela difficile da tradurre in parole e si può solo immaginare. Le sensazioni, le idee, i sentimenti, le sfumature di pensiero e dell’immaginazione rientrano nella dimensione dell’indicibile ma anche alcuni concetti come l’infinito, l’indefinibile per eccellenza. In sostanza tutto ciò al quale non riusciamo a dare forma e che diviene esprimibile solo attraverso immagini simboliche. Alla ricerca dell’indecifrabile, tra detto e non detto, tra dicibile e indicibile. Lasciando spazio all’espressione artistica come linguaggio puro.

E se è dall’orlo estremo del dicibile che la letteratura si protende - a detta ancora di Calvino - l’arte contemporanea non è da meno nel tentativo di razionalizzare ciò che appare incomprensibile, spingendo i codici espressivi, ora più che mai, ai limiti dell’intraducibile con l’obiettivo di svelarne l’essenza. Ed è proprio tramite il processo creativo per l’artista e la fruizione dell’opera d’arte per lo spettatore che viene sollecitata quella consapevolezza di ciò che di intangibile circonda l’esistenza umana e del rapporto tra essa, il visibile e l’invisibile. Poiché come nel dicibile risiede sempre qualcosa di indicibile così nel visibile si nasconde sempre un qualche mistero invisibile. Tutto ciò che vediamo è altra cosa. / La marea vasta, la marea ansiosa, / è l’eco di un’altra marea che sta / dove è reale il mondo che c’è. / Tutto ciò che abbiamo è dimenticanza (F. Pessoa, Faust)

L’estrema tensione, l’impossibilità di raggiungere qualcosa apparentemente vicina. Minime distanze tra la meta e il vuoto. Per Gianni Nieddu l’indicibile è la condizione di precarietà dell’esistenza ricalcata dal segno incerto, spezzato, che lentamente si dissolve. Anche per Pastorello la ricerca è calligrafica ma in riferimento a un episodio del Vecchio Testamento dove Dio comunica con Mosè sottoforma di un arbusto infuocato. Groviglio coronarico è il pretesto per trasfigurare un lessico che si dirige verso l’astrazione formale ad esprimere concetti intraducibili.

È l’assenza. Quella sensazione di perduto equilibrio, di dolore indefinibile esorcizzato e sostituito dall’attuale presenza, l’indicibile che evocano le immagini di Chiara Demelio, stralci di una realtà fittizia nel tentativo di recuperare la memoria. Stessa direzione di Enrico Piras la cui riflessione coinvolge l’esperienza di reclusione che ha indotto al tentativo di suicidio un paziente di un ex ospedale psichiatrico. Deep Brain Stimulation è un viaggio nella memoria che si concretizza in un diario dettagliato di cure, visite e anomalie, intrappolato in una teca. Ed è ancora la follia a farla da protagonista negli Sguardi oscillanti di Giusy Calia. Per l’artista l’indicibile significa sfidare la parola attraverso un arresto nella continuità del linguaggio. Un stop brusco, repentino, che determina un nuovo punto di vista, tutto giocato sul riflesso per indagare al di là della ragione umana.

L’indicibile di Monica Lugas è, invece, la controversa sensazione tattile e visiva generata dalla scultura candida e luminosa, strutturata attraverso forme familiari che assemblate risultano spiazzanti, indecifrabili. Così come il materiale utilizzato, straniante perché cangiante al punto da sembrare di cera o di ghiaccio a seconda della fonte luminosa che lo investe. Dalla luce alle tenebre col Son(n)o Inquieto di Veronica Gambula. Traduzione emblematica dell’incubo, del sonno che genera mostri turbato da un inconscio inquieto che subdolamente s’insinua, nell’installazione che s’ispira al celebre Incubo di Fussli.

Per Roberta Filippelli l’indicibile è l’incognita della vita. La vita stessa è un’incognita e l’umanità è vittima inconsapevole del proprio destino. Così come le mosche attratte dal x (foro) del lavandino e che da lì a poco verranno risucchiate, metafora di un destino programmato al quale non è possibile sfuggire. Anche Alessio Onnis si confronta con l’indecifrabile come risvolto oscuro dell’esistenza, come strumento di riflessione e disvelamento in un ostentare di inquietanti ed enigmatiche figure femminili. Silenziose e dissacranti che incarnano una condizione umana destinata al dolore e alla follia, la cui unica via di redenzione è il processo creativo. Non meno drammatico si configura quello stato di stupore suscitato nell’individuo dal suo raffrontarsi con la grandiosità dell’operato architettonico, nella ricerca di Gavino Ganau. Un sentimento negativo nei confronti di strutture abnormi, sorprendentemente monumentali che irrompono sconvolgendo l’equilibrio naturale a favore di inquietanti paesaggi artificiali. Tra intelligibile e indicibile.



Presentazione mostra L'Indicibile Dicibile, Museum Templese, Tempio Pausania


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