Giuseppe Pettinau. Opere dalle collezioni private.
Fa parte di quella schiera di artisti ribelli che sono insorti contro il folklorismo, l'accademismo imperante e la critica ufficiale della prima metà del Novecento, Giuseppe Pettinau. Di quel multiforme gruppo di intellettuali che ha aperto un varco alla libertà d’espressione segnando una rottura nei confronti della tradizione sarda, dopo lo storico intervento di Mauro Manca.
Era un liceale quando, nel 1961, ha preso parte al Gruppo di Iniziativa - fondato da Gaetano Brundu e Primo Pantoli provenienti da Studio 58, primo nucleo della neo avanguardia sarda -, impegnato politicamente e portato avanti da Corrado Maltese. Respingono i modi del decadentismo scapigliato, ribelle, maledetto, satanico e intendono collocarsi tranquillamente all'interno di un'ideologia politica come fondamento e travatura alla loro condizione poetica (1).
All’epoca il modus operandi dell’artista si collocava al confine tra l’automatismo surreale di Mirò e la trasfigurazione lirica intesa come rivelazione dell’invisibile di Klee. Un’attenta indagine pittorica a metà strada tra astrazione e figurazione attraverso una costante sperimentazione che è anche esperienza esistenziale. Negli anni Settanta, caratterizzato da una maggiore forza drammatica, il suo linguaggio espressivo subisce un’ulteriore disgregazione formale per giungere agli anni Ottanta dove il segno riacquista spessore e la gamma cromatica si riduce. Compaiono i primi interventi di graffiatura sulla superficie pittorica mentre alcune zone s’ispessiscono diventando materia grumosa e pulsante. Prendono forma i primi monoliti e le teste. La testa è il simbolo dell’alienazione. Gli uomini sono in continuo combattimento. Questi volti privati di caratterizzazione non sono più riconoscibili come volti umani ma diventano seriali, quella serialità di cui parla Sartre (2).
Nel 1991 Giuseppe Pettinau fonda il Gruppo 91, insieme ad Attilio Della Maria, Italo Medda, Italo Utzeri e Beppe Vargiu, di cui è stato anche teorico. È nostro preciso convincimento che in quest’ultimo scorcio di secolo il settore delle arti visive sia caratterizzato da confusione linguistica alta, frutto di estrema inerzia. Siamo cioè convinti che il Postmoderno abbia del tutto mancato, per amore dell’arbitrio, ciò che si era prefisso: d’essere espressione concreta di un radicale mutamento di rotta. Si legge nell’incipit del Manifesto programmatico in cui vengono evidenziati i richiami alla “teoria critica” dei filosofi della Scuola di Francoforte - che si oppone all’ideologia capitalistica e della società di massa novecentesca -, e al pensiero critico dell’Esistenzialismo di Sartre. Il Gruppo 91, che inaugura la mostra d’esordio alla Galleria La Bacheca il 13 dicembre del 1991, polemizza contro una società che respinge l’individuo e lo porta a sofferenze inaudite ma soprattutto si pone in antitesi all’autoreferenzialità del postmodernismo.
Lo spazio per l’artista non è un’entità assoluta, esso deve respirare all’interno di flussi temporali lasciando un’apertura al simbolo che si apre ad altre forme. Simbolo su cui l’artista imposta l’intera poetica attraverso un percorso di tensione e pathos che, a detta di Jung il simbolo non è né allegoria né segno ma l’immagine di un contenuto che per la massima parte trascende la coscienza. Chiave per comprendere il mondo spirituale per l’artista il simbolo fa parte di una sfera superiore laddove il collegamento tra arte e filosofia risulta di primaria importanza. Certo è che il simbolo, in quanto strumento e figura della conoscenza, può ancora svolgere - dopo decenni di ostracismo “positivista” - un ruolo di indubitabile importanza nell’ambito di un comprendere-interpretare ciò che nella tradizione non permane mai identico a se stesso e il cui oblio, in un tempo indecifrabile come il nostro - segnato da dominio devastante della tecnica - ha contribuito a determinare disorientamento etico-assiologico di incalcolabile portata (3).
Dagli anni Novanta, periodo più prolifico della sua produzione, il linguaggio acquisisce ulteriore visionarietà. Compaiono esseri indecifrabili, organismi in continua mutazione, lettere e numeri. Tronconi talvolta mutili altre disarticolati muniti di un solo occhio o di un solo piede. Simulacri enigmatici, brandelli di materia inanimata: è ciò che rimane dell’uomo, quell’uomo fagocitato dalla società. Un’ombra ormai priva di volontà e intelletto.
Quello di Giuseppe Pettinau è un universo dove l’inconscio prende forma attraverso un complesso sistema di codici visivi e figure enigmatiche per un’esplorazione costante del sé e dove l’uomo è ormai in balia di se stesso. Un universo fatto di sofferenza indagato nei suoi più reconditi processi attraverso figure archetipiche, esseri antropomorfi e simboli occulti. L’universo della percezione, capace di plasmare e trasformare la realtà per giungere alla sublimazione formale ed esistenziale, poiché, come chiarisce l’artista nella sua ultima intervista, la sublimazione che sentivo è un apice dove la realtà ti appare come un lampo: il dionisiaco che si manifesta. Tutto questo castello crolla davanti alla realtà quotidiana (4).
1 F. Masala, Tre giovani artisti. Un discorso unitario, in “Rinascita Sarda”, Cagliari 10 giugno 1963.
2 R. Vanali, Giuseppe Pettinau, in “XXI Arti visive in Sardegna nel terzo millennio”, p. 171, Edizioni La Zattera 2022.
3 G. Pettinau, Il Simbolo, in “Soliana”, anno I, n. 3, p. 17, Cagliari 3 giugno 2008.
4 R. Vanali, p. 117
Breve biografia
Giuseppe Pettinau (Sardara 1943 - Cagliari 2023), è stato filosofo, poeta e pittore. Nel 1961, giovanissimo, partecipa alla costituzione del “Gruppo di Iniziativa” insieme a Primo Pantoli e Gaetano Brundu, provenienti da Studio 58, esponendo a Cagliari ma anche a Roma e Firenze con la curatela di Corrado Maltese. Dal 1968 al 1985 è stato docente di Discipline Pittoriche presso il Liceo Artistico di Cagliari.
Nel 1989 espone su invito alla Galleria Comunale d’Arte di Cagliari dove è attualmente presente nella Collezione d’Arte Contemporanea. Nel 1991 fonda il Gruppo 91, di cui è stato teorico, insieme ad Attilio Della Maria, Italo Medda, Italo Utzeri e Beppe Vargiu. Nel 1992 vince il primo premio di pittura al “Festival di Pittura Regionale delle Arti”.
Ha al suo attivo numero mostre collettive, tra le ultime “Gruppo 91” allo Spazio Invisibile a Cagliari nel 2019 e “Rebels” alla The Social Gallery a Quartu Sant’Elena nel 2024, e altrettante personali tra cui le antologiche “Giuseppe Pettinau 1984 - 2006” al Laboratorio 168 nel 2009 a Cagliari, e “L’Enigmatico Alchimista” allo Spazio Invisibile nel 2019.
Ha pubblicato “Una bicicletta e la sua storia” (2007); “L’ala strategica del tempo” (2009); “Finestre sui muri” (2009); “Il nulla e i suoi anelli” (2017).
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