SKAN - L'Identità Sospesa



Penso che ci sia qualcosa nello spirito umano, la mente umana, la nostra natura umana, che non si accontenterà mai di risiedere all’interno di parametri fissi. É dall’io frammentario e mutevole, dalla ricostruzione narrativa di un ricordo latente che scaturiscono le visioni ad alta intensità emotiva che Emanuele Boi, al secolo Skan, riversa sulla tela e che sembrano rifarsi alle illuminanti parole del filosofo inglese John Cottingham. 

L’artista scarnifica se stesso e la sua esistenza alla spasmodica ricerca della propria identità. Scava nel tumulto della sua interiorità con l’obiettivo di raggiungere una nuova dimensione umana. E lo fa con maestria tecnica ed espressiva grazie alla conoscenza dell’anatomia, all’osservazione diretta della natura e alla sua sublimazione.

Spazi circolari e semicircolari reiterati racchiudono porzioni di tratti somatici che si moltiplicano e sovrappongono frammentandosi, riducendo i volti a maschere talvolta grottesche tese a celarne l’identità, impronta morfologica di un vissuto che non si intende svelare. Questa decostruzione che l’artista attinge dagli spasmi esistenziali di Francis Bacon incarna stati d’animo che appartengono al passato. Stralci che emergono impetuosi alla memoria, la stessa memoria che persiste negli esponenti dell’avanguardia surrealista, ma definiscono anche una riflessione sospesa e malinconica sull’inevitabile trascorrere del tempo e sulla caducità dell’esistenza.




Il territorio d’indagine di Skan si fonda sull’onnipotenza del sogno, sul gioco disinteressato del pensiero, per citare Andrè Breton, che si concretizza con la frammentazione della realtà. Una sorta di trasfigurazione dell’io che ritroviamo in alcune costanti come l’inquietante totem dall’occhio centrale, strumento d’intuizione e percezione della coscienza, ma anche negli spuntoni acuminati e nelle bocche spalancante dei torsi umani, figure smembrate, distorte e aggrovigliate su se stesse alle quali l’artista non riesce ad attribuire un significato certo, in quanto la mente ama l’ignoto. Ama le immagini il cui significato è sconosciuto, poiché il significato della mente stessa è sconosciuto, come sostenuto da René Magritte.

L’identità sospesa è il pretesto per presentare al pubblico la produzione ultima dell’artista - dagli echi espressivi che da Turner arrivano a Velasquez passando per i fiamminghi  rinascimentali -, costituita da nove visionarie opere pittoriche dalla cifra stilistica inconfondibile. Dalle inquadrature ravvicinate e caotiche e dai cromatismi squillanti, dove la dimensione intima si fonde con quella onirica nel tentativo di ricostruire un ricordo che non sempre corrisponde a ciò che è realmente accaduto.

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