Micro e Macro. Alighiero Boetti a Venezia


Il formato minimo e quello massimo a confronto nella produzione di Alighiero Boetti. Tra opere celebri e altre meno note per una lettura trasversale del lavoro dell’artista.


“Con il ’68 inizia un altro periodo, il periodo gioioso: avevo cominciato il gioco delle combinazioni e permutazioni con i bollini che preludono a quelli dei francobolli” Inizialmente concepita come l’opera più piccola, Estate 70 diventa la più grande opera su carta creata da Alighiero Boetti, uno degli esempi più significativi per la restituzione di una codificazione fondata sulla ripetibilità e sullo sdoppiamento. Alta due metri e lunga ben venti, è scandita da migliaia di bollini adesivi applicati su carta da parati beige, giocati sul rosso, blu, verde e giallo. Concepita, appunto, nell’estate del 1970, all’interno della galleria milanese Franco Toselli. 


Questa monumentale opera, insieme a Titoli, Storia Naturale della Moltiplicazione e Copertine, costituisce il nucleo delle meno note dell’artista che unite ad altre più celebri danno luogo ad un confronto tra i minimi e i massimi delle serie più significative. Grandi e piccoli formati, il cui tema è strettamente connesso a quello del tempo, selezionati tra collezioni pubbliche e private per un percorso che si snoda in 11 sezioni per un totale di 22 opere che consentono una lettura trasversale  del lavoro di Boetti. 


Dalla monumentale Estate 70 originano i Francobolli, esempio d’arte postale impostato sulla classificazione, concepito anch’esso a mo’ di griglia, che gioca sulle possibili combinazioni dei francobolli che l’artista utilizza come il pittore usa il pennello, ossia per concepire forma e ritmo attraverso i diversi valori cromatici. E se Titoli, uno dei più grandi formati del raro ciclo dei Ricami monocromi, da leggere rigorosamente in verticale dall’alto verso il basso è, tra ordine e disordine, la summa dei concetti e delle immagini dell’universo dell’artista, Storia Naturale della moltiplicazione è un esercizio costante di piccole forme dislocate sulla superficie, sempre attraverso l’utilizzo delle griglie, ottenute da una rigorosa progressione numerica definita dall’artista, alla ricerca di un ordine che scaturisce dal disordine. Io penso che ogni cosa contenga il suo contrario, per cui l’atteggiamento preferibile dovrebbe essere quello di azzerare i concetti, distenderli, spiegarli.


Nelle Mappe e i Tutto sono il concetto del viaggio e del nomadismo interconnesso a quello del tempo a fare da protagonisti, evidenti nei ricami che, iniziati a Roma, venivano spediti prima a Kabul e poi in Pakistan per essere terminati da ricamatrici imparentate coi rifugiati, seguendo le regole determinate dall’artista ma con la libertà di scegliere i colori. Oltre a un dei più grandi Mimetico, in mostra gli Aerei concepiti al rientro da un viaggio in Afghanistan: “una sorta di carta da parati piena d’aerei che si librano nell’aria, come in assenza di gravità”, così li ha definiti lo stesso Boetti. Conclude la prima parte dell’allestimento il site specific Copertine, ridisegnate con maniacale precisione a grandezza naturale, costituito da 12 quadri, uno per ogni mese dell’anno, che a loro volta contengono 18 immagini differenti per soggetto e testata.
La seconda parte dell’allestimento consiste in un progetto speciale che indaga il tema della fotocopia. Per la prima volta viene esposta la sequenza di 1665 immagini fotocopiate  e raccolte in 15 volumi rossi e allo stesso tempo fruibili poiché allestita anche a parete, mentre al centro della sala sono a disposizione del pubblico una fotocopiatrice e dei fogli rossi, secondo il progetto di Mario Garcia Torres in omaggio a Boetti. 


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