Paolo Chiasera a Milano
È il tramonto. Una figura emerge lentamente dalle tenebre. L’andatura affaticata ed incerta rende ancora più fittizia la maschera indossata dalle riconoscibili fattezze di Van Gogh. Bagaglio in spalla, la figura s’inerpica sulle falde dell’Etna per giungere in vetta e scavare tra l’argilla dove riesuma una garza insanguinata. Introdotto da ventuno tempere, in quanto temi preparatori al suo sviluppo, il primo video di Paolo Chiasera (Bologna 1978) è scandito dall’impetuoso spirare del vento pausato da inquietanti suoni metallici che ben accompagnano la follia e lo spaesamento dell’artista, in balia di se stesso, che deambula precariamente inghiottito dalle nubi e dall’oscurità che avanzano. Indaga il tema dell’identità e del mito contemporaneo Chiasera. Analizza tempo e spazio -con l’ausilio dell’attività performativa in quanto si concede d’interpretare ogni suo personaggio- attraverso riferimenti e citazioni alla storia dell’arte. Come appare nel primo appuntamento di una trilogia dedicata a Vincent Van Gogh, Corneluis Escher e Pieter Brueghel. Calati nell’epoca contemporanea e in luoghi ad essi estranei, al confine tra reale e virtuale, i miti non corrispondono più ad un’identificazione collettiva, nella loro dimensione ossessiva del quotidiano, bensì nel tentativo di ricrearne il percorso artistico si avviano paradossalmente al fallimento così come Vincent, condannato a vagare inesorabilmente tra i fumi dell’Etna, al quale viene proibito di entrare nella Casa gialla da due bodyguard incappucciati. Atteggiamenti incongrui, ambientazioni artificiose e stranianti, visioni allucinate, manipolazione grottesca del mito queste le cifre stilistiche di Chiasera dalle quali emerge la duplice valenza del mito nella sua esaltazione storica e nella sua facile celebrazione e falsificazione dell’epoca postmoderna.
Se nella prima sala il video è preceduto da un corvo bronzeo che tra le zampe agguanta una riproduzione della celebre stanza, nella successiva sala un altro corvo su una panca in pietra lavica fischietta il Requiem di Mozart introducendo il secondo video -realizzato in loop- che passa in rassegna le tempere tracciando alcuni dei tratti più rilevanti della vita e della poetica degli artisti. Dalle architetture impossibili ed angoscianti di Escher alle visioni sanguinarie di Van Gogh fino alle scene mitologiche e fantastiche di Brueghel caricate di simbolismi talvolta troppo ostentati ed eccessivamente carichi di cruenza. I loro destini s’intrecciano ineluttabilmente tra torture, bare, animali mostruosi e simboli della cabala per culminare nell’ultima piccola sala dove le tre maschere, in lattice dipinto, sono immortalate accatastate all’interno di una scatola ad emblematizzare la mercificazione del mito, la standardizzazione dell’immaginario collettivo e della creatività umana per un meditato progetto fondato sulla simulazione e sul paradosso. (roberta vanali)
Recensione pubblicata su Exibart
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