Dove gli angeli?

Al di là da sterili quesiti sull’esistenza angelica, lungi dal voler essere una trasposizione della cosmologia cristiana, la figura dell’angelo, scevra dallo stereotipo collettivo - in quanto distante da quella che è la nostra conflittuale epoca - in rapporto all’evoluzione dell’atteggiamento umano davanti al divino, offre numerose possibilità di riflessione. In quest’ottica l’attenzione su un’entità vulnerabile come quella dell’angelo, intermediaria tra cielo e terra, si rivela appropriata a cogliere quegli aspetti più vicini alla natura umana che hanno ispirato gli angeli di Wenders, la cui attrazione per il mondo terreno confluisce nella rinuncia alla loro condizione di privilegio, o la visione di Jung che colloca la dimensione angelica nell’inconscio individuale mediante Filemone, fino a giungere alla sua estremizzazione incarnata dagli angeli ribelli, condannati alle catene dell’eternità e dall’angelo della morte che tutto occulta tra le sue impietose ali.
Angeli come chiavi simboliche della storia nell’interpretazione di Benjamin dell’Angelus Novus di Klee, con il viso rivolto al passato, avversato da una violenta tempesta incarnata dal progresso, come metafore della realtà sociale e della bestialità umana nell’Angelo sterminatore di Bunuel. Entità mediane in continua mutazione, tra l’essere e il non essere, frammentati tra il sacro ed il profano con la facoltà di ascendere quanto di precipitare, angeli postmoderni che trascendono da banali interpretazioni new age, nell’obiettivo di raccontare la nostra controversa epoca in una dimensione così vicina, così lontana da quella che è l’umana esistenza.


Emergono da uno spazio asettico dove si moltiplicano incessantemente, i piccoli replicanti di Giuliano Sale. Al confine tra natura ed artificio, gli angeli ribelli dall’ambiguo candore sono esseri profondamente alienati, in bilico tra vita e morte, frutto del delirio dell’onnipotenza umana. Sviscera il degrado della società contemporanea anche Silvia Argiolas che attinge dall’antica iconografia di San Michele Arcangelo per la scenografica vendetta della bambola-lolita che da vittima si trasfigura in carnefice, definitiva vittoria del bene sul male.
Ossessionato dal tentativo di elevazione che inevitabilmente porta alla caduta, combattuto tra amore sacro e amor profano, diviso tra visibile e invisibile, tra eterea spiritualità e convulsa carnalità, l’angelo di Simone Dulcis - in un bianco e nero dalla forza dirompente - s’ispira al Quohelet, dove esiste un tempo per ogni cosa. Analoga conflittualità per la frantumazione dell’io di Guglielmo Massidda nell’immaginaria caduta che porta alla sua ricomposizione, passaggio obbligato di purificazione tra lievi dissolvenze e sovrapposizioni di corpi in tensione che si stagliano drammaticamente sullo sfondo. Cicatrici inferte da lama fendente solcano l’eterea presenza plasmata da Beppe Vargiu che imponente s’innalza in un disperato urlo di dolore ad affrancarsi da terrene stratificazioni della memoria.
Da un linguaggio di kleeiana memoria, tra il fluttuare di arcaici segni dalle simbologie talvolta occulte, in uno spazio dove il tempo sembra congelato, l’angelo di Federico Carta prende forma dall’inquietante mano-artiglio a svelare i reconditi meandri dell’essere. Si rivela più vicino alla condizione effimera dell’umanità anche l’angelo di Monica Solinas che attraverso un’estetica pura ed essenziale, propria della sensibilità infantile, concepisce un’entità mediana, sospesa tra la terra e il cielo, in attesa di risposte a quesiti insoluti.
Mai perfetti in quanto aperti allo spazio e all’infinito, gli enso zen di Satoshi Hirose – i cerchi vuoti dell’assoluto e dell’eterno ritorno – si sovrappongono vorticosamente a delineare uno spazio dove energia e spirito si fondono ovunque ed in nessun luogo. Da una concezione ateistica dominante scaturisce, invece, la surreale visione di Stefano Grassi dove l’angelo si riduce alla sola ombra del pensiero umano, necessità atavica volta ad esorcizzare drammi esistenziali che avendo perduto di significato precipita inesorabilmente nel vuoto.

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