Angelo Liberati
Dopo l’antologica dello scorso anno, presentata nelle sale della Galleria Il Portico a Nuoro, Angelo Liberati (Frascati, 1946) propone, nel capoluogo sardo, 35 anni di attività artistica. Dipinti, disegni e decollages fanno da protagonisti in questa esposizione che annovera oltre quaranta pezzi e un video-intervista dal titolo “Angelo Liberato”, documento che racconta l’artista ed il suo percorso compreso tra il 1968 ed il 2003. Allievo di Vespignani, la sua formazione è avvenuta tra i maestri della scuola romana che hanno impresso una forte tendenza neorealistica al linguaggio essenzialmente Pop dell’artista. Assiduo sperimentatore, Liberati frammenta e ricompone come puzzle immagini tratte dalla quotidianità; coglie colori ed atmosfere del paesaggio sardo. Con tratto fluido lascia emergere sensuali figure femminili che si alternano a citazioni memori di Rembrandt e della pittura del Cinquecento e del Seicento europeo.
La poetica di Angelo Liberati è una meditazione sui molteplici linguaggi artistici, una riflessione sulla memoria, sulle esperienze vissute che si rivelano attraverso allusioni cinematografiche e musicali. Oggetti si affollano e si sovrappongono talvolta fondendosi a figure ignare di ciò che accade intorno a loro. “Sono convinto che l’operazione principale di un artista sia contraddire le attese del pubblico, disattenderne le aspettative”. L’artista lacera e decontestualizza pagine di settimanali per amalgamarli a scritte convulse talvolta indecifrabili. Tra violente accensioni cromatiche inserisce frammenti di vita. Ingrandisce e seziona particolari. I dipinti evolvono in una sorta di bacheca pronta ad esibire antiche foto, etichette, stralci di manifesto, nature morte e ritratti. Veline si combinano a frottages e ad inserti in stucco. Immagini apparentemente avulse si fondono tra loro lasciando prevalere una forte carica simbolica. Nulla è mai lasciato al caso. Narrazione e descrizione sono confacenti a delineare gli aspetti più reconditi della società contemporanea ma ciò che sostanzialmente emerge dal linguaggio dell’artista è un’atmosfera nostalgica. Un’atmosfera che incarna sogni infranti, che vorrebbe comunicare le battaglie del sessantotto ed esaltare le figure mitiche di Kerouac, Dylan o Marcuse. Battaglie che l’artista sembra ancora voler combattere tra le pareti del suo gremito quanto affascinante studio. (r.v exibart)
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