Il senso della linea di Veronica Paretta



Quello che più mi interessa sono le linee: credo siano il punto culminante di tutta la mia pittura, il punto che fa anche comprendere i miei quadri bianchi. (Piero Manzoni)
Muove da una dimensione figurativa per esplorare le potenzialità espressive della linea, Veronica Paretta, attraverso la spontaneità del gesto che conferisce incisività al segno, unità di raffigurazione ed elemento primario della comunicazione. Prendete una linea e portatela a fare una passeggiata, così Paul Klee istruiva gli allievi del Bauhaus. Lezione che parrebbe essere stata assorbita anche dalla giovane artista che concede direzioni totalmente imprevedibili a linea e colore per un risultato inaspettato all’insegna di armonia ed equilibrio dopo una fase di attenta analisi ed epurazione. 


 Non è l’angolo retto che mi attira. Neppure la linea retta, dura e inflessibile creata dall’uomo. Quello che mi attira è la linea curva libera e sensuale, direbbe Oscar Niemeyer. Quella linea in cerca di tensioni, talvolta tratta dall’ambito sonoro, che scaturisce dalla forza primigenia del segno. Segno accostato, sovrapposto ed incrociato nel tentativo di mettere ordine al caos, in una alternanza di luci e ombre - tra sinuosità ed asprezza - che si traduce in un impetuoso turbinio di linee che lasciano intravedere la superficie della tela grezza, quando non è congeniale a far trasparire il colore che lentamente tende a placarsi. Il tutto giocato sul bianco e nero e sui grigi che virano all’azzurro per dare spazio ad imprevisti piccoli tratti cromatici che all’improvviso accendono la superficie.


Al di là della forma, spesso in maniera compulsiva, l’artista attinge all’automatismo gestuale di Twombly quanto alla sinuosità lirica e musicale di stampo kandinskijano per approdare ad una espressività segnica che è scrittura, alfabeto da codificare depurato da orpelli per esprimere l’inesprimibile e giungere all’essenza. Poiché è nell’essenza delle cose che l’anima si rivela.



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