Peter Greenaway - 53. Biennale Venezia - Eventi Collaterali

La visionaria e monumentale performance di Peter Greenaway che celebra la magnificenza delle Nozze di Cana del Veronese. 50 minuti di spettacolare coinvolgimento emotivo e sensoriale…
Non tradisce la sua passione pittorica, il cineasta gallese Peter Greenaway che fin dal principio della carriera coniuga abilmente arti visive e cinema per un immaginario visionario e poetico sovraccarico di simbologie e metafore. E dopo la rivisitazione di La ronda di notte di Rembrandt e Il Cenacolo di Leonardo è ora la volta delle Nozze di Cana del Veronese, all‘interno del progetto Change Perfoming Arts che prevede l’interpretazione di nove dipinti classici.



Eseguito tra il 1562 e il 1563 per il refettorio palladiano del convento di San Giorgio, è stato trafugato da Napoleone nel 1797 e smembrato per essere ricomposto ed esposto al Louvre, dove si trova tutt’oggi. Infatti la monumentale opera che ci troviamo davanti all’apertura del sontuoso sipario è la copia in scala 1:1 dell’originale. Un collage di 2700 scatti ad altissima definizione su una tela di lino ad opera di Adam Lowe, indistinguibile dall’originale. Un fax simile costato la bellezza di 100.000 euro che ha generato non poche polemiche e ha catalizzato l’attenzione di Greenaway. Il regista che sogna un film a 360° che avvolga lo spettatore trascendendo i confini dello schermo e alterando il consueto senso narrativo.
Un sistema di luci e suoni elaborati in sofisticatissima tecnologia digitale, coadiuvati da tecniche di animazione in 3d, animano l’opera dove i personaggi sembrano muoversi e interagire tra loro in maniera piuttosto calzante. Frammentata, sezionata, vista dall’altro e in proiezione ortogonale, la scena è accompagnata da un turbinio di dialoghi che s’infrange tra le pareti del refettorio dove scorrono i particolari dilatati fino al culmine del primo miracolo di Cristo. Tra scene notturne dove divampano inquietanti incendi e cieli limpidi attraversati da stormi di gabbiani.




Non è un caso che i 126 personaggi, numerati per essere distinti e uniti da fasci di luce nel momento in cui gli viene data voce, dialoghino in dialetto veneziano. Infatti se il Veronese ha adattato l’opera al gusto della sua epoca, Greenaway adatta i dialoghi alla nostra, alternando il veneziano all’inglese. Stesso ragionamento per la colonna sonora di Andrea e Giovanni Gabrieli tutt’altro che sacra. Così come l’opera. Concepita non solo con personaggi in abiti contemporanei e dagli atteggiamenti disinvolti ma come una festa aristocratica dal regale convivio, niente di più lontano dal contesto evangelico secondo il quale si tratterebbe di un banchetto di nozze nella Giudea del 31 d.C. dove Cristo trasformò l’acqua in vino.



In questo modo Peter Greenaway conferisce vita alla materia. Eludendo la rigorosa bidimensionalità, caricando emotivamente e sensorialmente il dipinto, mettendo in luce ulteriori codici celati nell’infinita serie di personaggi e dettagli. Cinquanta minuti di forte coinvolgimento emotivo e impatto visivo. Per celebrare superbamente la magnificenza di un’opera immortale.



Commenti

I più popolari