Chris Pig



Il nostro mondo personale, lo spazio, le abitudini sono stati capovolti e i valori sono cambiati. I sentimenti sono stati ritrovati e la solitudine ha dato una visione di noi stessi, delle nostre paure interiori e della nostra forza. Sono le parole di Chris Pig in merito a Isolation Portrait”, progetto nato a Londra tra marzo e luglio del 2020, ovvero nella prima fase dell’epoca pandemica. Sotto la lente d’ingrandimento il fenomeno della lotta alla sopravvivenza, primo passo seguito da un impatto disastroso sull’economia globale e da gravi ricadute psicologiche, attraverso immagini a se stanti, composizioni di grande originalità dall’impronta surrealista con un’attenzione ai minimi dettagli, rigorosamente studiati per concepire una realtà fittizia.





Al principio tutto era confuso, straniante, come in Purple Haze, cronologicamente primo ritratto del progetto, espressione dell’individuo inerme in balia di un evento oscuro, seguito da Caged, dimensione inquietante, al limite dell’immaginazione, della nostra casa intesa come una gabbia che confluisce in una sorta di adattamento forzato finalizzato alla salvezza. Ed ecco che nascono Light at the end of the tunnel, ovvero la vita senza più colori e Double check, il ricordo della verità allo specchio, l’ultimo sguardo prima di uscire quando ancora era permesso. E se Point of View mira a svelare l’umanità in balia di teorie complottiste e fake news divulgate dai social, The Healer santifica medici e infermieri in prima linea ad affrontare una crisi senza precedenti. A “Isolation Portrait” ho voluto accostare alcune opere tratte dalla serie “Homage”, work in progress che potrebbe protrarsi all’infinito dove l’artista rende omaggio a personaggi che hanno avuto particolare impatto sulla sua vita come Ester Williams, nuotatrice e diva di Hollywood, il fotografo Samuel Fosso, la scrittrice Barbara Cartland e la bellissima regina egizia Nefertiti.





Con sguardo critico e analitico, Chris Pig crea finzione muovendo dalla realtà. Costruisce veri e propri set, dove ogni abito, ogni accessorio e ogni sfondo, impreziosito da stoffe vintage rigorosamente recuperate, diventano complementari e come un puzzle danno luogo ad una immagine ben articolata dove tutto è studiato per persuadere. Ogni personaggio col suo travestimento recita un ruolo ben preciso assumendo una connotazione spesso grottesca. La pungente ironia documenta le contraddizioni della società contemporanea con un approccio che deriva dall’umorismo prettamente britannico di Martin Parr, mentre da Cindy Sherman attinge la tendenza a rievocare l’immaginario collettivo del cinema hollywoodiano anni Cinquanta privo di citazioni dirette e da David LaChapelle l’impronta glamour e la costruzione teatrale delle scene.





In bilico tra artificio e realtà restituisce una visione dell’estetica pop che si consuma con l’uso contrastato del colore, saturo e sgargiante suggerendo atmosfere oniriche e disturbanti capaci di catturare lo sguardo. Immediatamente riconoscibili, le opere di Chris Pig posseggono un’intensità di fondo che è il risultato di grande competenza tecnica e capacità di analisi critica, presupposti per una cifra stilistica in grado di destabilizzare e sedurre lo spettatore stimolandone la riflessione.


Testo di presentazione per la mostra personale di Chris Pig curata da Roberta Vanali per la Fondazione Bartoli-Felter

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