Cara Sarda - Gianni Casti



Tu non fai una fotografia solo con la macchina fotografica. Tu metti nella fotografia tutte le immagini che hai visto, i libri che hai letto, la musica che hai sentito e le persone che hai amato. Colma di significati come un testo scritto, la fotografia non è mai una rappresentazione neutrale bensì un linguaggio fatto di complessi codici compositivi ed espressivi. Come sostiene Ansel Adams è anche il riflesso dell’anima, della stratificazione di esperienze vissute e dell’evoluzione intellettuale di chi “guarda”. Articolato insieme di alternanze ideologiche, culturali, psicologiche ed estetiche, quello del ritratto è il genere fotografico più complesso e più praticato nella storia della fotografia, non a caso la fotografia ritrattistica è carica di ambiguità, a quasi tutti i livelli, in qualsiasi contesto, per dirla con Graham Clarke. 

Di diretta derivazione da modelli culturali e iconografici di natura pittorica, a metà del XIX secolo, il ritratto fotografico nasce per conferire prestigio all’individuo evidenziandone classe sociale e potere. Come intuì presto il primo grande fotografo ritrattista Gaspard-Felix Tournachon, al secolo Nadar, che si concentrò sulle figure più illustri dell’epoca definendone l’appartenenza a un mondo privilegiato, ma soprattutto e a differenza dei suoi predecessori, rivelando un’innata abilità legata a palesare l’interiorità del soggetto. Una particolare sensibilità a coglierne gli aspetti più intimi. É ciò che fa Gianni Casti con immediatezza e penetrazione psicologica e l’obiettivo di far emergere un’identità sociale restituendo la natura più profonda dell’individuo attraverso la bellezza della normalità. Con un approccio al volto semplice e diretto, con intensità emotiva e la notevole capacità di introspezione psicologica, in grado di mettere a nudo i suoi personaggi. 

L’impegno individuale per il bene comune è l’obiettivo del progetto Cara Sarda, titolo dal duplice significato, infatti se da un lato l’aggettivo cara è inteso come preziosa, importante, dall’altro sa cara è la traduzione dal logudorese de il viso. Persone preziose e al contempo comuni che si concentrano su problemi comuni affrontando la realtà con i mezzi a loro disposizione, con le loro conoscenze, le loro esperienze ma anche con le loro debolezze, sono il teatro d’indagine di Gianni Casti. Persone normali che interagiscono con l’altro per raggiungere obiettivi comuni. Medici, avvocati, ingegneri, imprenditori ma anche studenti e sacerdoti guardano dritto nell’obiettivo catturando il nostro sguardo, questi personaggi che coprono un ruolo importante nella vita di tutti i giorni, ognuno con la propria vocazione professionale e con la finalità di motivare i Sardi a scommettere su se stessi e sul territorio isolano e di creare connessioni, sinergie professionali o semplice conoscenza della società sarda che lavora, lotta e vince nel quotidiano, sottolinea Casti.

Al confine tra fotografia documentaristica e fotografia concettuale, l’obiettivo di Gianni Casti, attraverso una serie di step, è quello di dare vita a un archivio della memoria e come tale il trattamento riservato è comune a tutti i soggetti. Primissimi piani dettagliati si alternano a primi piani, mezzi busti e figure intere stagliandosi su fondali totalmente neutri. Immagini in un rigoroso bianco e nero, realizzate in studio e ricavate dalla stessa fonte luminosa, si fanno potenti saturando spesso l’intera inquadratura alla stregua di ritrattisti del calibro di Irvin Penn e Nigel Parry e da loro attinge la pratica di introdurre le mani come parti sostanziali della scena restituendo equilibrio compositivo e armonia, ma non solo perché, a detta di Henri Cartier-Bresson, fotografare è mettere sulla stessa linea di mira la testa, l’occhio e il cuore. È un grido, una liberazione. Non si tratta di affermare la propria originalità; è un modo di vivere.

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