Gli incubi di Dario Argento in mostra a Torino
La prima grande mostra dedicata al genio visionario di Dario Argento, insignito per l’occasione della Stella della Mole. Un articolato e ben strutturato excursus nella sua produzione dagli esordi all’ultima fatica Occhiali Neri.
Attinge alla sua metà oscura, alle ossessioni, alle esperienze vissute da bambino. Alle fobie per i corridoi, per le scale e le finestre, per le grandi vetrate e le piazze deserte. Il suo interesse non è rivolto a episodi di cronaca nera ma ai mutamenti dell’anima e alla capacità di interagire con essi, di aprirsi per dialogare con la “macchia scura”. Prima giornalista, critico cinematografico e sceneggiatore, poi regista. Nel 1970 Dario Argento (Roma, 1940) esordisce con L’uccello dalle piume di cristallo e mai avrebbe immaginato che quel film, accolto freddamente dalla critica e dall’esordio deludente al botteghino, avrebbe rivoluzionato la storia del cinema italiano. Il regista inverte i canoni del genere giallo sul filone di Agata Christie dove il detective scopre l’assassino dopo lunghi processi logici e avvalendosi di suggestioni provenienti da Hitchcock e Mario Bava introduce nuove dimensioni fatte di mistero, suspence, introspezione psicologica e atmosfere oniriche. Il giallo all’italiana acquisisce una nuova connotazione grazie a trame complesse, all’attenzione maniacale per la fotografia e il dettaglio. All’estetizzazione della violenza, e alla messa in scena dei delitti con ausilio di effetti speciali, ma soprattutto si dota della capacità di offrire allo spettatore di identificarsi con l’assassino del quale sviscera la psiche più recondita.
Il Museo del Cinema a Torino dedica al genio e all’opera del cineasta del brivido la prima grande antologica. Un enorme coltello sanguinolento conficcato per terra, che metaforicamente penetra le ossessioni dell’immaginario collettivo, introduce oltre un centinaio di fotogrammi - suddivisi tematicamente in luoghi, oggetti e armi, delitti, assassini, colori e arte -, accostati senza soluzione di continuità a strutturare una lunga parete. Il percorso cronologico prosegue, attraversando tutta la sua filmografia perturbante e allucinante, snodandosi nelle rampe della Mole Antonelliana attraverso manifesti, sequenze filmiche, fotografie inedite, citazioni, costumi, oggetti di scena, creature meccaniche e colonne sonore.
A L’uccello dalle piume di cristallo seguono Il Gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio che chiude la Trilogia degli Animali. Nel 1975 è la volta di Profondo Rosso, opera di transizione tra thriller e horror ambientato in una Torino oscura che ne decreta la fama internazionale e trae origine da un sogno. É infatti notorio che alla base dei suoi film ci siano fondamentalmente i sogni che il regista ordina, rifacendosi alle teorie freudiane, e rielabora in modo visionario e disarmante stabilendo un forte dialogo con le arti visive. Come dimostra, in questo frangente, il Blue Bar di hopperiana memoria in Piazza C.N.L. In mostra un rifacimento della mannaia, che ritroviamo in foto impugnata da Clara Calamai e la celebre testa dell’inquietante pupazzo meccanico di Carlo Rambaldi che si muove sulle note della leggendaria colonna sonora dei Goblin, seconda scelta del regista che puntò sui Pink Floyd all’epoca impegnati con l’album The Wall, uscito invece nel 1979.
E ancora, tra i tanti oggetti di scena, il calco del teschio per la locandina di Inferno e la riproduzione del medaglione per Quattro mosche di velluto grigio. Alcuni abiti di scena e il modellino del lampadario di Opera realizzato da Sergio Stivaletti così come le creature demoniache create per La terza madre. La macchina ammazza topi con tanto di animali squartati utilizzata ne Il Fantasma dell’Opera oltre ai bozzetti e l'abito di Armani per Phenomena e il demone caprone de La Chiesa, prodotto e scritto da Dario Argento con la regia di Michele Soavi. Chiude l’esposizione la collezione privata di manifesti stranieri di Pupi Oggiano e una serie di album, cd e cassette d’epoca delle colonne sonore, immancabili per dilatare l’attesa e conferire maggiore tensione e suspence alle trame e che hanno assunto un ruolo sempre più preponderante per cui si avvalse, oltre che dei Goblin guidati da Claudio Simonetti, di Ennio Morricone, Giorgio Gaslini, Keith Emerson, Pino Donaggio e di alcune band heavy metal come gli Iron Maiden e i Motorhead.
Dario Argento ha subito critiche spietate e accanite che si sono riversate anche nella sua vita privata. L’eccesso di violenza ed efferatezza portata al limite estremo in Suspiria e Inferno produsse una corsa al massacro accostabile solo a quella provocata con l’uscita di Opera, disprezzato e accorciato di 20 minuti dalla censura, scatenando nel regista una grave forma depressiva che lo portò lontano dall’Italia per molto tempo. Rappresenta quindi un atto dovuto, l’articolato e ben riuscito tributo torinese, per quello cui si auspica essere il primo di una serie di iniziative dedicate all’indiscusso visionario genio del cinema italiano che in conferenza stampa dichiara: in un film che ho realizzato nel 1993, Trauma, mentre scorrono i titoli di coda, l’obbiettivo si sposta, continuando a raccontare possibili inizi di altre vicende. Questo perché mi piace credere che i miei film possano conquistare un grande spazio nella memoria dei miei spettatori, diventando anche dopo la visione un tutt’uno con la loro vita. Credo che questa mostra possa rendere ancora più realizzabile, luminoso e concreto questo mio desiderio.
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