"Che numero sono" di Ruben Mureddu




Mercoledì 7 luglio, nello spazio espositivo della Fondazione per l’arte Bartoli-Felter, s’inaugura la mostra personale di Ruben Mureddu Che numero sono, a cura di Roberta Vanali, costituita da 18 opere pittoriche di piccole, medie e grandi dimensioni. Di seguito il testo critico: 


L’attuale periodo storico è contraddistinto da una miriade di eventi catastrofici. L’essere umano appare incapace di acquisire saggezza dagli errori del passato e non pago sembra assolutamente inconsapevole della condizione di grave precarietà esistenziale in cui è precipitato. Siamo di fronte a un processo di disumanizzazione accentuato di gran lunga dal quel devastante avvento che è la pandemia. All’interno di questa riflessione si colloca il nucleo fondamentale dell’esposizione pittorica di Ruben Mureddu che verte sull’indagine del degrado del vivere civile, sulla limitazione dell’individuo all’anonimato, sulla depersonalizzazione che degrada l’uomo a un numero, pedina di un destino cui non può sottrarsi. 

Il resto delle opere selezionate sono conformi a tracciarne l’evoluzione pittorica attraverso la quale si evince una drammaticità in crescendo che si accosta a una pennellata più corposa e incisiva. In un susseguirsi di ossessioni il cui ritmo si fa più incalzante, l’horror vacui dirada per lasciare spazio al non finito che occupa una superficie maggiore. Il tutto con una abilità tecnica crescente che gli permette di gestire facilmente opere monumentali, nonostante la complessità del suo personale fare pittorico che prevede l’applicazione del dipinto, realizzato su diversi tipi di carta, sulla superficie della tela sulla quale interviene anche successivamente.

Spietato osservatore della società contemporanea, l’artista, con la sua produzione ultima, è capace di sviscerare l’inquietante condizione esistenziale, la distopia umana e sociale fondata sull’assistenzialismo statale come unica salvezza in un’epoca sinistra dove il popolo, terrorizzato e sconvolto, rischia di accrescere esponenzialmente i disagi di una società piegata su se stessa e incapace di costruire un futuro vivibile. 

Ruben ci mette davanti a scenari apocalittici, fatti di individui che si accalcano tra loro, tra sguardi alienati e atteggiamenti meccanici, costringendoci a guardare in faccia al mondo reale, oramai troppo duro da affrontare. E lo fa con un’unica convinzione: la distopia è diventata realtà”. (Roberta Vanali)



Ruben Mureddu vive e lavora ad Alghero. Dopo aver frequentato listituto dArte, completa gli studi allAccademia di Belle Arti di Sassari nel 2007.Nel 2012 si iscrive e completa il Master di Livello I “Le artiterapie: metodi e tecniche dintervento” presso lUniversità degli Studi ROMA Tre. Dal 2011 al 2017 lavora come terapeuta nelle comunità psichiatriche residenziali protette dei padiglioni  exmanicomiali di Rizzeddu (SS), dove progetta e coordina i laboratori di tecniche plasticofigurative in  collaborazione con psicologi, psichiatri e operatori sociali. È attualmente iscritto alla Facoltà di Psicologia dell’Università di Cagliari.

Congiuntamente alla pratica artistica come terapia, decide di eleggere la pittura figurativa come  principale forma despressione. “Ti ho uccisa 32 volte” è l’ultima personale dell’artista, curata da Roberta Vanali per la Galleria Siotto nel 2019.




Che numero sono di Ruben Mureddu

A cura di Roberta Vanali


Dal 7 al 23 luglio

Temporary Storing

Via XXIX Novembre 1847 n. 3 Cagliari

fondartbartolifelter@tiscali.it

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