Stand By. La vita al tempo del coronavirus

 

Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi era entrato”. (Haruki Murakami)


In questo momento storico surreale dove, per un lasso temporale ancora indeterminato, l’esistenza è messa a dura prova, si rende imprescindibile un intervento concreto da parte del mondo della cultura per superare questo dramma che investe l’umanità intera, per capire come cambia il mondo intorno a noi e come poterlo affrontare di conseguenza. Un impegno urgente per dimostrare che la cultura non si ferma ma si mette al servizio della comunità intera, soprattutto di chi si trova in difficoltà. E che ora più che mai l’arte è indispensabile per tradurre il presente e immaginare, per poi costruire, un nuovo futuro.



Stand By nasce con l’obiettivo di documentare lo stato di sospensione forzata nell’epoca del coronavirus attraverso il medium fotografico per sondare l’organizzazione di una nuova quotidianità nella vita di ogni individuo. Quella vita sacrificata che continua a procedere nel silenzio delle nostre abitazioni, in isolamento forzato e con l’interruzione repentina delle abitudini. Talvolta in solitudine altre in compagnia delle persone con le quali condividiamo l’esistenza, prendendo in esame tutto ciò che si concentra intorno a noi nonostante ai nostri occhi possa sembrare estremamente alieno.



In definitiva, l’intento della mostra totalmente online Stand By è quello di tracciare un panorama di una condizione di vita senza precedenti che passerà alla storia come una delle epoche più buie. In un contesto in cui l’umanità ha bisogno di sentirsi ancora parte di questo mondo nonostante tutto. Un mondo che sta cambiando e con esso tutti noi. Nel bene e nel male. E come direbbe Fernando Sabino: “Di tutto restano tre cose: la certezza che stiamo sempre iniziando, la certezza che abbiamo bisogno di continuare, la certezza che saremo interrotti prima di finire. Pertanto dobbiamo fare dell’interruzione un nuovo cammino, della caduta un passo di danza, della paura una scala, del sogno un ponte, del bisogno un incontro.”




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