Gruppo 91

 


È nostro preciso convincimento che in quest’ultimo scorcio di secolo il settore delle arti visive sia caratterizzato da confusione linguistica alta, frutto di estrema inerzia. Siamo cioè convinti che il Postmoderno abbia del tutto mancato, per amore dell’arbitrio, ciò che si era prefisso: d’essere espressione concreta di un radicale mutamento di rotta (proposito peraltro perseguito - sul finire degli anni Settanta - con enfasi quasi maniacale)”. Recita l’incipit del Manifesto programmatico del Gruppo ’91 in cui vengono evidenziate, con forti richiami alla “teoria critica” dei filosofi della Scuola di Francoforte, le ragioni di una linea di “riappropriazione” della funzione etico-utopica dell’arte contro l’imperversare delle tendenze formalistiche allora dominanti e i cui dettami confluiscono nell’alveo della componente spazio-temporale che, “privata del ruolo di forza propulsiva primaria, acquista un’importante profondità di senso”. 

Era il 13 dicembre del 1991 quando Attilio Della Maria, Italo Medda, Giuseppe Pettinau, Italo Utzeri e Beppe Vargiu inauguravano alla Galleria La Bacheca la mostra d’esordio del Gruppo 91. Muovendo da quella che è la “teoria critica delle società”, oggetto di studio della Scuola di Francoforte che pone una serie di critiche nei confronti dell’ideologia capitalistica e della società di massa novecentesca, senza trascurare il pensiero critico dell’Esistenzialismo sartriano, il Gruppo polemizza contro una società che respinge l’individuo e lo porta a sofferenze inaudite ma soprattutto si pone in antitesi all’autoreferenzialità del Postmodernismo, vessillo di un tardocapitalismo regressivo, chiuso nella sua orbita di “necrosi progettuale organica”, oscenamente proteso allo styling e all’inno dei supertiti. Così, senza più bussola nel funebre ristagno, il Postmoderno marca l’agonia della prassi, prosegue il manifesto stilato da Giuseppe Pettinau, teorico del Gruppo.

Il Gruppo 91 per alcuni anni ha prodotto mostre e dibattiti sul ruolo dell’arte contemporanea e su quanto sia imprescindibile dall’aspetto filosofico. Il Gruppo 91 è stato un momento di verifica e confronto sulle potenzialità espressive della pittura, per una rivalutazione delle avanguardie in un dialogo che sfociasse in nuove forme di poetica, rifiutando il ghestalismo imperante dell’epoca per stravolgerlo e rimodularlo. Per Giuseppe Pettinau, il cui rapporto dialettico tra immagine iconica e spazio tende a contrapporsi per creare una dimensione diacronica, il gestalismo esiste nella misura in cui il rapporto spazio-segno viene superato. Lo spazio, infatti, non è un’entità assoluta, esso deve respirare all’interno di flussi temporali lasciando un’apertura al simbolo, su cui l’artista imposta l’intera poetica attraverso un percorso di tensione e pathos, che si apre ad altre forme. Lo stesso pathos che contraddistingue la ricerca espressiva di Attilio Della Maria e del suo universo simbolico abitato da demoni e dei, tra mito e storia. L’artista muove dalla crisi e dalla conseguente perdita d’identità dell’uomo contemporaneo, della sua chiusura che causa uno sconvolgimento profondo della coscienza che si traduce in alienazione. Ed ecco che l’effetto di estraniamento confluisce nella rappresentazione metafisica della realtà dove l’impenetrabilità la fa da padrona attraverso la parola scritta che perde di significato collocandosi in antitesi alla poesia visiva. Parola che non comunica e diventa metafora della tragicità del nostro tempo la cui unica salvezza s’individua nell’urgenza di creare una dimensione onirica dove perdersi.

Per sopperire all’impoverimento della complessità linguistica anche Beppe Vargiu attinge alla metafora come aspetto semantico. La frammentazione formale e lo spazio ortogonale diventano pluridirezionali grazie alla sconnessione della luce mentre le distorsioni sono mediate dal tempo. Il suo è un approccio epistemologico, ovvero uno studio critico della natura e dei limiti della conoscenza scientifica, finalizzato a evidenziare il degrado sociale e il disagio umano. Il tutto mediante l’aspetto ambivalente della luce, intesa non solo come svelamento e manifestazione ma anche come strumento per modificare e trasformare la forma che da geometrica si fa liquida con l’apporto dei valori cromatici. E ancora sui valori cromatici e sull’interazione della luce s’imposta la poetica di Italo Utzeri che concepisce l’opera come esperienza emotiva per giungere all’essenza del linguaggio pittorico. con una attenzione maniacale all’equilibrio ottenuto dai rapporti cromatici e formali. Instancabile sprimentatore (è stato anche firmatario del Gruppo Transazionale con Ermanno Leinardi, Ugo Ugo e Tonino Casula), indaga le possibilità espressive della forma con un approccio dinamico della struttura spaziale. Attinge alla Teoria della formatività di Pareyson, Italo Medda, filosofia della nuovo estetica che si contrappone a quella di Benedetto Croce e che si colloca concretamente nel proprio tempo, con la capacità di guardare al passato quanto al futuro. E che concepisce l’arte come lavoro e esercizio, come attività presente dell’intera esperienza umana.



Roberta Vanali


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