Gli universi paralleli di Harun Farocki


“Il più noto sconosciuto filmmaker della Germania”, così è stato definito Harun Farocki(Nový Jicin, 1944 – Berlino, 2014) nel 1983 da Thomas Elsaesser, suo più grande conoscitore. Rendere visibile l’invisibile attraverso dirompenti metafore, interrogarsi sulla natura delle immagini e sulla loro percezione senza fermarsi all’apparenza, queste le prospettive da cui muove l’artista trattando alla Godard i soggetti come oggetti – che smonta e rimonta – al di là del vincolo narrativo. Non a caso la sua produzione rientra nella categoria del film-saggio, ispirandosi a Bertold Brecht e procedendo per argomenti con l’ausilio di una voce fuori campo. Una forma di scrittura, un dialogo costante con le immagini e con le industrie che le producono e le mettono in circolazione. Ovvero una lettura delle immagini come punto di riferimento politico.


Filmaker, scrittore, artista, Harun Farocki  ha realizzato oltre cento opere tra film e video, analizzando sin dagli esordi il potere delle immagini. Parallel I-IV, videoinstallazione a quattro canali – ultima creazione iniziata nel 2012 e completata poco prima della sua scomparsa – documenta la rapida evoluzione della computer-grafica applicata ai videogame, che da una iconografia elementare approda a una definizione iperrealistica, evidenziando quanto il cinema abbia influenzato la realtà virtuale e quanto quest’ultima, a sua volta, l’abbia ampiamente superato.



Da Parallel I, video su due schemi simultanei dove l’artista esplora i diversi stili della computer grafica, attraverso la creazione di alberi, nuvole, acqua e fuoco, utilizzando gli algoritmi matematici, si passa a Parallel II, con l’eroe che cerca di sfuggire a un mondo (digitale) che non gli appartiene. Parallel III rivela, invece, il dietro le quinte, facendo apparire i giochi come dei palcoscenici, al fine di analizzarne limiti e confini virtuali.Parallel IV, dove gesti e azioni dei protagonisti vengono ignorati dal resto dei personaggi, chiude il cerchio della serie.


In definitiva, il monumentale ciclo è l’esito di un’approfondita indagine sull’immaginario della società contemporanea, scandita attraverso l’evoluzione estetica dei videogiochi, che pare instillare un grottesco dubbio: e se anche la nostra esistenza fosse il risultato di una complessa simulazione virtuale?

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