La nave dei Folli di Raffaello Ugo




La tortura di creature innocenti, sotto qualsiasi pretesto avvenga e qualunque forma assuma, non potrà mai fare altro che quanto ha già fatto: rivelarci a quale livello di bassezza può giungere l’uomo” (Hans Ruesch) 


Si confronta col tema della morte, Raffaello Ugo, analizzando la triste condizione degli animali destinati alla macellazione. Macchine “da carne” allevate per ingrassare e riprodursi rapidamente, creature innocenti sacrificate per la gola dell’uomo. Non a caso Tolstoj scrive: “se i macelli avessero le pareti di vetro saremmo tutti vegetariani”, mentre Leonardo, altro vegetariano convinto, afferma: “viviamo grazie alla morte degli altri”. 


Con il progetto site specific La nave dei folli ovvero la fuga dei polli, l’artista offre un’opportunità di riflessione sui lager degli allevamenti intensivi, sulla crudeltà della caccia per soddisfare ingordigia e sadismo e sulla, spesso inutile e dispendiosa, vivisezione. Ovvero una disamina dei diversi crimini legalizzati che hanno a che fare con gli animali. Ad iniziare dal rito ancestrale del sacrificio comune a tutte le religioni che rende sacro l’animale impuro.


Per Raffaello Ugo rinunciare all’utilizzo di animali per un qualunque scopo non rappresenta solo la lotta contro alcune delle più antiche barbarie dell’umanità ma è il primo passo verso un processo spirituale in divenire, pertanto si pone l’obiettivo di affrontare l’argomento in maniera ironica - a volte leggera, altre grottesca - in antitesi alle più cruente rappresentazioni del genere ad opera di artisti come Rudolf Schwarzkogler, Herman Nitsch o Damien Hirst, attraverso una serie di illustrazioni a colori, sculture in ferro riciclato e un video sulla scia del film d’animazione Galline in fuga. Dove polli spennati, squartati, smembrati e crocifissi si muovono ridicolmente nello spazio, o che, appesi per una zampa, sembrano librarsi nell’aria per raccontare orrori ma a suon di danza. Per confluire nel video d’animazione in loop che ripercorre le tavole illustrate attraverso l’estenuante corsa del pennuto in ferro sulle incalzanti note di Crazy running di Philip Glass. A sottolineare che l’uomo non troverà la pace interiore finchè non imparerà ad estendere la propria compassione a tutti gli esseri viventi, per citare Albert Schweitzer.


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