Effetto Schnabel
Pittore, scultore, regista e sceneggiatore dalla travolgente forza espressiva e dalla seduttiva visionarietà. Venezia celebra il maestro del Neo Espressionismo: Julian Schnabel. Con una significativa e ben allestita antologica…
Vide persone e rovine, movimenti e crolli, l’accumulo del tempo sui muri, (...) le facce spezzate di cattedrali in cui il tempo non era trascorso ma si era ammassato. Declama la frase di William Gaddis riportata nella biografia di chi ha diretto il cult movie Basquiat e Lo scafandro e la farfalla e che appare particolarmente appropriata alla retrospettiva che Venezia gli dedica. Stiamo parlando di Julian Schnabel (New York, 1951), le cui opere Wenders ha voluto sul set di The Million Dollar Hotel.
In stretta connessione con quella cinematografica, la produzione artistica di Schnabel assimila culture diverse in un linguaggio poetico fortemente autobiografico fatto di citazioni letterarie di autori che da Omero giungono a Burroughs. Oltre quaranta opere in ordine cronologico tracciano le linee cardine del percorso artistico dagli anni Settanta ad oggi fortemente influenzato da Pollock e Twombly senza trascurare la tradizione europea che vede in Gaudì e Picasso i maggiori ispiratori.
Sono infiniti i supporti dove l’artista lascia confluire immagini e segni dalla impetuosa e coinvolgente forza espressiva. Legno, ceramica, velluto, vele, tappeti, fotografie fanno da sfondo a forme che lascia emergere spontaneamente durante il processo creativo alternando figurazione ad astrazione. Credo che la lotta tra figurazione e astrazione sia una tematica del tutto irrilevante. Qualsiasi cosa può diventare soggetto di un quadro. D’altronde così come si immerge istintivamente nella materia pittorica in un flusso irrefrenabile - come nei Surf Paintings, tele alte oltre sei metri dedicate alla settima arte e al surf -, l’artista struttura scenari che vanno oltre la bidimensionalità della rappresentazione come i Plate Paintings, realizzati su frammenti di ceramica dove storia e cultura si sovrappongono e stratificano.
Sono infiniti i supporti dove l’artista lascia confluire immagini e segni dalla impetuosa e coinvolgente forza espressiva. Legno, ceramica, velluto, vele, tappeti, fotografie fanno da sfondo a forme che lascia emergere spontaneamente durante il processo creativo alternando figurazione ad astrazione. Credo che la lotta tra figurazione e astrazione sia una tematica del tutto irrilevante. Qualsiasi cosa può diventare soggetto di un quadro. D’altronde così come si immerge istintivamente nella materia pittorica in un flusso irrefrenabile - come nei Surf Paintings, tele alte oltre sei metri dedicate alla settima arte e al surf -, l’artista struttura scenari che vanno oltre la bidimensionalità della rappresentazione come i Plate Paintings, realizzati su frammenti di ceramica dove storia e cultura si sovrappongono e stratificano.
In costante tensione per il dominio della materia, a superfici brulicanti e ispessite - che ritornano nelle tele catramate dove immortala le montagne del Nord Africa - interpone quelle più sfumate dei Japanese Paintings, foto digitali della casa al mare e dello studio a Mountauk elaborate pittoricamente dalla forte valenza simbolica dove l’obiettivo è quello di trascendere la realtà. Una retrospettiva che merita sotto tutti i punti di vista, dall’allestimento mozzafiato dell’androne d’ingresso con gli imponenti teloni a quello dello scalone fino alla scelta delle opere, sopratutto per quanto riguarda i ritratti sui cocci dove emerge uno dei maggiori capolavori: The sea, una tra le tante opere dedicate al mare. Elemento onnipresente nell’opera di Schnabel che concepisce l’acqua come metafora di libertà e rigenerazione, poiché sprofondare nelle acque per l’artista significa iniziare il viaggio per l’eternità, e annegare un evento intimo.
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