Giò Ponti a Cagliari
Il designer che rivoluzionò i canoni stilistici della ceramica italiana. Gio Ponti, uno dei massimi rappresentanti del Decò italiano in mostra con una selezione di porcellane e maioliche. E un gran bel pezzo inedito...
Si colloca nel periodo tra le due guerre, la rinascita della produzione ceramica italiana che vede protagonista l’eclettico Gio Ponti (Milano, 1891 - 1979). Non solo architetto, arredatore navale, scenografo e costumista - oltreché fondatore della rivista Domus per lo sviluppo di una cultura dell’abitare - ma anche industrial designer universalmente riconosciuto. Chiamato a progettare nuove forme da Richard Ginori - tanto da aggiudicarsi il prestigioso Grand Prix all’Esposizione parigina del 1925 - ne rivoluziona la produzione raggiungendo in breve tempo una fama internazionale. L’industria è la maniera del XX secolo, è il suo modo di creare. Nel binomio arte e industria, l’arte è la specie, l’industria la condizione. Non a caso, dopo la nomina a direttore nel 1923, ne sostiene la produzione in serie, per un’ampia diffusione destinata al largo consumo, per la quale disegna le campagne pubblicitarie e si adopera affinché l’azienda sia presente tra le più importanti rassegne nazionali ed estere.
Produzione industriale e gusto artistico, è il binomio strategico adottato per lanciare nuove tipologie, nella progettazione di oltre mille pezzi per la Manifattura di Doccia. Ciste, urne, vasi, anfore, orci ma anche statuine e piccoli soprammobili sono il risultato di un connubio di citazioni archeologiche, motivi neoclassici e atmosfere metafisiche. Temi della mitologia greca e romana vengono adattati al suo personalissimo gusto Decò per un’iconografia colta e al tempo stesso ironica, come Donne su Nubi o Tutto passa, ma anche soggetti estrapolati dal mondo circense e da momenti di vita quotidiana. Ballerine, contadini, putti alati, figure mitologiche e oggetti fluttuano nello spazio tra elementi architettonici, fondi geometrici e vedute urbane. Figure stilizzate in oro zecchino vergate a punta d’agata emergono dal fondo bianco sostituito dal Blu gran fuoco dal 1928.
Un’importante e imprevista selezione di vasi, piccoli oggetti, coppe, urne, calamai, piatti, placche e piastrelle - in parte penalizzata alla vista poichè diverse teche risultano addossate alla parete - per un totale di oltre cento pezzi tra porcellane, maioliche e terraglie (1922 - 1930), fanno da cornice alla punta di diamante della mostra: l’inedito grande vaso con coperchio Fabrizia. Disegnato nel 1924 ed esposto l’anno successivo a Parigi, è riapparso sul mercato solo recentemente per essere acquistato da un privato. Appartiene alla serie Le mie donne, eleganti nudi dalla linee sinuose e stilizzate, dagli atteggiamenti disinvolti e le acconciature antiche, che si muovono tra fiori, drappi e nuvole. Così come Fabrizia, seducente protagonista dell’harem di Ponti. Adagiata su un letto di nubi sospese nel blu intenso di un cielo notturno. Tra rigore formale e sintesi estrema.
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RispondiEliminaUno splendido inedito, mi piace moltissimo Giò Ponti
RispondiEliminahttp://cristinagiurleo.blogspot.com/