Albino Manca


Dalla Sardegna agli Stati Uniti. Il percorso artistico di Albino Manca attraverso un centinaio d’opere tra sculture, disegni preparatori, design e gioielli. Tra ventennio fascista e New Deal americano...

Non passano certo inosservate le colossali statue bronzee che sovrastano il cornicione curvilineo del Palazzo della Legione dei Carabinieri a Cagliari. Quattro imponenti nudi, esasperati nell’accentuazione plastica e nell’aggressività delle pose, destinati ad incarnare le virtù di Fede, Coraggio, Disciplina e Sacrificio e che in corso d’opera (1932), inevitabilmente, divengono pretesto per imporre concetti di stampo fascista. Nonostante ciò in pochi sanno che Albino Manca (Tertenia 1898, New York 1976) ne è l’artefice. Probabilmente perché, come parte degli artisti sardi dell’epoca, ha pensato bene di varcare i confini dell’isola (per non tornare) e conquistare quella fetta di visibilità che altrimenti non avrebbe avuto.





Formatosi tra il cantiere del Vittoriano e l’Istituto di Belle Arti di Roma, esordisce con una serie di ritratti di propaganda fascista - in gran parte vittime della damnatio memoriae -, per poi rientrare in Sardegna e affrontare la decorazione architettonica della Legione dei Carabinieri. A questa fase, lo scultore ogliastrino, sembra ispirarsi alla purezza delle forme della statuaria di Adolfo Wildt per poi virare alla volta di Paul Manship, dopo il secondo periodo americano (1938). Epoca particolarmente fertile alla quale si devono gli Animalier, una ricchissima produzione di animali esotici e domestici in bronzo, argento e oro ispirata ai bronzi antichi così come la Pantera, un mix tra la Chimera d’Arezzo e la Lupa capitolina. Ma sarà nell’arte pubblica che Albino Manca avrà maggior fortuna. Dopo l’esordio con la mostra al Rockefeller Center (1940), recensita dal Times, nel 1942 riceve la committenza per la decorazione dell’ufficio postale a Lyons in Georgia e una volta membro della National Sculpture Society riesce a scrollarsi l’appellativo di Sardinian sculptor, per il persistere di una ricerca ancorata alla tradizione.



L’opera più nota dello scultore rimane, infatti, il monumento ai caduti nel Battery Park a Manhattan: The Diving Eagle (1963). Una piazza in granito al centro della quale s’impone un’aquila dalle ali spiegate, in stile anacronisticamente Decò, ma talmente enfatizzato nella geometrizzante nelle forme da conferire quella forza dinamico-espressiva indispensabile al complesso. Un personalissimo Decò che si rende congeniale anche al suo ultimo grande progetto nell’intrecciarsi di motivi zoomorfi e fitomorfi che animano lo spettacolare cancello del Children’s Queen Zoo (1968).
Dopo la tappa capitolina la mostra approda in Sardegna. Dal Complesso del Vittoriano ad una esigua sala intervallata da pannelli bianchi che costringono un allestimento pesante e sofferente non supportato da un’adeguata illuminazione e con didascalie non sempre corrette. Per farla breve, il consueto trattamento riservato ai conterranei “ritrovati“.

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