Il restauro del David di Donatello



Sono esigue le fonti che menzionano l’opera. Di queste la più antica risale al resoconto del matrimonio di Lorenzo De Medici con Clarice Orsini nel 1469. Quando fu collocata su una colonna bellissima nel cortile di Palazzo Medici per poi essere trasferita a Palazzo Vecchio. Commissionata da Cosimo De Medici, la sua realizzazione si colloca tra il 1434 e il 1443, ossia dopo il soggiorno romano dell’artista e successivamente al rientro di Cosimo dall’esilio. Ebbene si, parliamo del magnifico David bronzeo di Donatello. Mercurio ellenistico dai tratti somatici popolari - e non più eroe biblico come la precedente versione marmorea - che indossa soltanto un cappello con serto d’alloro, sandali e gambali e che, nonostante l’espressione efebica e la posa decontratta, s’impone fiero sulla testa appena mozzata di Argo. Con estrema tensione interiore e vitalità. Non a caso il Vasari lo definisce tanto naturale nella vivacità e nella morbidezza.
Iniziato il 26 giugno dello scorso anno, diretto da Beatrice Paolozzi Strozzi ed eseguito da Ludovica Nicolai con l’apporto dell’Opificio delle Pietre Dure, il restauro del David volge oramai al termine. Eseguito nel salone donatelliano del Museo del Bargello (visibile anche online) e finanziato con 200.000 euro dalla Protezione Civile, si tratta del primo intervento di pulitura considerevole a causa del deterioramento provocato dalla lunga esposizione all’esterno e da apporti del passato assolutamente inadeguati. Anticipato da approfondite indagini diagnostiche, l’intervento sulla superficie - incrostata da sovrapposizioni di polvere e incerature mineralizzate che hanno occultato per secoli il vero colore e in particolare le dorature “a missione” – è avvenuto attraverso una pulitura meccanica con microscopio e bisturi, nelle parti scure, e l’uso localizzato del laser nella foglia oro superstite. Schiarendo sostanzialmente la statua, evidenziandone i dettagli nelle decorazioni di elmo e calzari e “accendendo” i punti di doratura. Il restauro ha lasciato emergere anche i punti più fragili e i difetti della fusione del bronzo, tecnica di cui si era completamente perso l’uso in epoca medievale. Coadiuvata da un nuovo impianto d’illuminazione e da un catalogo che raccoglie le novità emerse durante il restauro, l’opera sarà presentata al pubblico il 28 novembre, in occasione della Festa della Toscana. 

(Articolo per la rubrica Restauro della rivista GrandiMostre-Exibart)

Commenti

  1. Anonimo2:00 PM

    E' uno dei nostri simboli, come lo sono i Bronzi di Riace (sono calabrese..eehhe), il colosseo o altre costruzioni che ci identificato, ed invidiano nel mondo. Sinceramente tendo molto di più ad apprezzare questo tipo di arte, piuttosto che un quadro astratto o che non si capisce neanche da che lato guardarlo, anche se per ipotesi possa valere tanto. Complimenti

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