Se solo per un attimo

L’arte non è uno specchio per riflettere il mondo, ma un martello per forgiarlo. (Majakovskij).

Origina dalla consapevolezza dell’incapacità di relazionarsi con l’altro e dall’impossibilità di comprendere come questo percepisca il nostro vero essere, il progetto per immagini di Valentina M. Laddove il confine tra realtà e finzione diviene più labile e la ricerca del sé appare inesauribile, l’artista rivela l’esigenza di raffrontarsi ed interagire con "l’altro" e con il proprio vissuto, in questa continua incertezza dei sentimenti suscitati. Partendo da una dimensione autobiografica, Valentina M indaga i conflitti della condizione umana, del disorientamento e dell’alienazione. Attingendo dal teatro dell’assurdo di Becket e Pinter - dove la crisi d’identità consegue al contrasto tra apparenza e reale - e al riconoscimento della soggettività della realtà di pirandelliana memoria, l’artista mette in scena luoghi silenziosi, sospesi nel tempo. "E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per se, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non c’intendiamo mai!"
Luoghi di incontri perduti, di situazioni mancate. Di dialoghi incompresi o mai avvenuti. Di relazioni destinate a fallire o a restare incompiute. Luoghi abitati che all’improvviso si rivelano deserti ma dove è ancora possibile percepire lievi residui di vita. Situazioni stranianti, apparentemente non sense, congelano sensazioni che si rinnovano costantemente attraverso lo sguardo dell’osservatore. Il confronto tra il sé e "l’altro" e l’inevitabile incomunicabilità che ne deriva si configurano come un mondo parallelo, rifugio ultimo in attesa di qualcuno o alla ricerca di qualcosa.
Paesaggi atemporali reinventati dall’anima, bloccati improvvisamente in un momento senza tempo, magari da due punti di vista differenti, per uno sguardo analitico sulla propria interiorità. Segni di presenze che individuano inquietanti assenze. Realtà che si sfiorano per non incontrarsi mai, si concretizzano in otto coppie di immagini stampate su uno stesso pannello, sottolineando l’impossibilità di rapportarsi col mondo esterno. Destinati a succedersi all’infinito, gli scatti saranno appesi al soffitto tramite una staffa centrale che ne renderà possibile la rotazione su se stessi. Costringendoci a seguirli, tra le dissolvenze delle sgranature, per capire che il fine ultimo è la ricerca del tempo perduto. Nei luoghi. Tra le cose dimenticate. (Roberta Vanali)

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