La Transavanguardia al Man
Tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, in antitesi alla supremazia di concettualismo e minimalismo, il ritorno alla pittura s’impone in Italia attraverso gli esponenti della Transavanguardia, sotto l’egida di Achille Bonito Oliva che ne codifica i tratti espressivi, definendo soprattutto la posizione nomade del gruppo. Incentrato sul recupero della tradizione pittorica come luogo d’interazione delle avanguardie storiche - con una libertà di linguaggio in chiave citazionista, talvolta ironica ed inquietante -, il movimento vede un ritorno alla soggettività dell’individuo che si contrappone al rigore e all’infallibilità incarnate dalle precedenti correnti, a favore di complessità e mutevolezza. Con sguardo frammentario e contraddittorio, lontano da qualunque realismo pittorico, Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Nicola De Maria e Mimmo Paladino attingono da una figurazione di matrice espressionista - o meglio ancora fauves se prendiamo in considerazione l’aspetto gioioso e mediterraneo intrinseco al movimento - con considerevoli varianti da un artista all’altro, accomunati da un atteggiamento eclettico - analogo al manierismo per il revival stilistico – dal recupero della manualità e dall’immediatezza delle immagini.
In collaborazione con il Mart, un nucleo d’opere della Collezione Grassi – acquisita dalla struttura nel 2002 e presentata al pubblico nella sede di Rovereto nel 2004 - giunge al Man di Nuoro per proseguire il percorso di collaborazione intrapreso con prestigiose istituzioni museali. Una selezione di settanta opere occupa il primo e il terzo piano, ad iniziare dal cospicuo numero di dipinti di Mimmo Paladino (Benevento, 1948) – tra oli, acrilici, tecniche miste, pastelli su carta e due Vasi ermetici -, artista dal linguaggio arcaico e primitivo, totalmente immerso in una mediterraneità soggettiva.
La commistione di forme organiche e simboliche confluisce in una figurazione antropomorfa e visionaria con una purezza del segno, al di là da leggi prospettiche, che prende spunto dagli affreschi medievali per giungere alla stilizzazione della linea vicina a Matisse e Modigliani e al segno xilografico della Die Brucke. Ne sono un esempio opere come S. Sandro, S. Nicola, gran parte dei pastelli Senza titolo e le icone Stabat Mater, Tana En.De.Re. Il rallentamento spazio-temporale e l’autoritratto come frammentazione del sé sono le cifre stilistiche che contraddistinguono l’opera grottesca e a tratti comica di Francesco Clemente (Napoli, 1952) rappresentato in mostra da alcuni pastelli e dalla grande tecnica mista Io e lei a tavola, pasto luculliano che si sviluppa su un solo piano prospettico in una sorta d’orror vacui, fondato su tonalità purpuree. Il terzo piano introduce a Nicola De Maria (Roma, 1952), artista che si discosta notevolmente dagli altri rappresentanti della Transavanguardia per la connotazione prevalentemente astratta e non si limita ai confini della tela ma si allarga ad interventi site specific, fondati sull’uso emblematico del colore. Cromatismi squillanti come nel Regno dei fiori, campiture scandite ritmicamente con una forte tendenza al geometrismo in Cinema e Musica Occhi, sono gli stilemi base della sua ricerca.
Il percorso prosegue nell’ultima sala con Enzo Cucchi (Ancona, 1950) e Sandro Chia (Firenze, 1946). Poetico e visionario, il primo risulta più vicino al citazionismo per un ritorno alla centralità delle cose. Per immagini ricorrenti come l’uomo, il cane, la casa e l’uccello, l’artista attinge dalla tradizione italiana ad iniziare da Piero della Francesca e poi giungere a Scipione.
Tra le opere in mostra Quadro feroce, una serie di tecniche miste su carta e una scultura in bronzo. Monumentale e dirompente per energia e forza espressiva è invece Sandro Chia, che muovendo da una figurazione classica, di stampo novecentista, integra intensità cromatica e segno, in senso astratto, per calibrare la composizione e giungere a soluzioni dinamiche come in Figura con teschio o La mano, dove si legge l’impronta futurista. L’itinerario si conclude con due opere realizzate a quattro mani dal duo.
Un altro centro per il Man di Nuoro, con la prima mostra in Sardegna che scandisce il percorso della Transavanguardia coprendo un arco cronologico dal 1979 al 2001, grazie al Mart e alla professionalità di Cristiana Collu che ha recentemente ricevuto il ben meritato riconoscimento da parte dello stesso Bonito Oliva come miglior giovane direttore museale. (Roberta Vanali - Exibart)
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