Silvia Argiolas - X648


Sono bambole che hanno perduto l’aura di ingenuità, icone date in pasto agli appetiti di adulti perversi, quelle che Silvia Argiolas confina in un limbo di sofferenza e degrado. Maltrattate, ferite, smembrate, le dolls sono frammenti di donne bambine martoriate da una società in balìa della più cruda decadenza, imprigionate in claustrofobici spazi generati dall’inconsuetudine dei tagli fotografici. Esseri senza identità, indistintamente omologati, marchiati da sigle come bestie da macello, dilaniati dai rostri aguzzi di spettrali uccelli, bieche metafore della degenerazione umana. Innocenti spogliati del loro candore, riflesso ancora negli occhi e tra le pieghe delle loro guance, scandiscono lentamente il tempo fluttuando in uno spazio intangibile. Muovendo dall’immaginario manga Silvia Argiolas individua il sottile confine che separa il bene dal male, la vita dalla morte, l’indefinibile religiosità nella quale convivono sacro e profano. Il gusto per l’eccesso della provocazione consacra le dolls a vittime sacrificali, non lontane da quelle di kitaniana memoria, dove la catarsi si rivela l’unica salvezza possibile per il genere umano. In un’ambigua rappresentazione al limite della dissacrazione, l’artista mette in scena un altare votivo tempestato di chiodi, simbolo di martirio ed eco di ritualità tribali, dove adagia X 648, sullo sfondo di un assemblaggio di purpurei fogli vergati con le fattezze di perdute creature che affiorano come flash back appena illuminate da flebili fiammelle." (da testo di presentazione a cura di Roberta Vanali)

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