Luce Delhove

E’ dall’elaborazione di tessuti ferrigni, reticoli geometrici ispirati alla purezza lineare dell’architettura medievale, che nascono le sculture di Luce Delhove. Le piastre metalliche, scelte con cura dall’artista belga, vengono forgiate a dare origine ad una sorta di “impronta” del corpo che ambiguamente determina, ma allo stesso tempo nega, una memoria plastica. Il risultato si concretizza nella rievocazione di armature da giostra medievale: elmi, ferrigne cotte in maglia, pettorali, scudi, frammenti di antichi cimeli. Proiezioni della mente ricostruiscono inquietanti resti di battaglie o di cruenti tornei abbandonati sul campo. Giochi di pieni e vuoti, vibranti modulazioni plastiche vengono conferiti alla materia malleabile che assorbe la luce nelle sue infinite variazioni, arricchita da pigmenti che vanno ad imprigionarsi negli alveoli dei tessuti metallici. Le sculture in mostra sono una ricognizione dell’opera plastica dell’artista dal 2001 al 2003: “Harnois blanc”, “Il miglior fabbro” - “Roman de Brut” - ispirato al primo poema del ciclo cavalleresco omonimo - “Buio medioevo”, eloquente corazza che in tutta la sua chiusura racchiude l’essenza di tempi oscuri.



Strettamente connessa alla scultura è l’opera calcografica appartenente agli anni Novanta che esibisce a chiarire e rafforzare il discorso plastico che converge nella creazione delle sculture. L’artista incide, graffia con impeto le lastre metalliche con la stessa intensità con la quale forgia, incurva le piastre che diverranno surreali calchi. Si percepiscono fitti reticoli geometrici che si sovrappongono e dissolvono. Su maglie, losanghe, incroci, impressi su lastre in rame, l’artista agisce direttamente per cancellazione tramite segni che non determinano una negazione ma individuano squarci di luce improvvisi. Nasce il ciclo “Negare per affermare”, che nell’essenzialità del segno, nella volontà di modificare la materia lascia presagire il confluire dell’incisione nel linguaggio scultoreo così come afferma la Vallese nella presentazione in catalogo della mostra veneziana del 1994: Ma il suo universo è in espansione, come dimostrano questa ed altre recenti rassegne, un’espressione sempre più scultorea è la traiettoria del suo viaggio, se non la meta. (r. v. exibart)

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