Archetipi e scarti
Il lungo e complesso percorso artistico di Rosanna Rossi (Cagliari, 1937) è contraddistinto da una vastissima produzione la cui costante è la componente geometrica, in bilico tra la ricerca di un equilibrio razionale ed un’espressività profondamente emotiva. Questa spiccata ambivalenza ha caratterizzato la sua poetica fin dai tempi della disputa sarda tra figurativo ed astratto, periodo di sperimentazioni aniconiche nel quale l’artista professava una rottura degli schemi in opposizione alla sardità di matrice folcloristica. Nel secondo appuntamento della rassegna One Man Show, la tensione tra sentimento e ragione si concretizza nella serie d’incisioni monocrome, stampate a mano su raffinata carta giapponese, attraverso le quali s’interroga sul binomio archetipo-scarto. Per l’artista “fare incisione, cimentarsi manualmente, costituisce una sfida in un mondo che vive di tecnologia”, perciò la scelta di esporre accanto ai suoi trittici le equivalenti matrici lignee, ovvero gli “archetipi”, in antitesi agli “scarti” che, in quanto tali, ha relegato al di fuori del salone espositivo. Unite le une alle altre, le opere si susseguono longitudinalmente per calarsi nella tromba delle scale dell’edificio museale, emblema metaforico della capacità umana di saper discernere il bene dal male, le tenebre dalla luce. Il linguaggio segnico di Rosanna Rossi è una sorta di texture carica di forza e dinamismo. Dalla superficie affiorano trame che sembrano custodire la vitalità di un tessuto organico, minuti grafismi che si ripetono all’infinito rievocando lontane memorie: “Credo che la serialità presente nel mio lavoro, dove la stessa immagine è ripetuta costantemente anche se diversificata in dettagli minimi, dipende da cose che ricordo, da racconti, da immagini che ho visto da bambina…” (r. v. exibart)
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