La trama e oltre

Abito come riflesso della storia, come evoluzione del pensiero ma anche specchio della propria identità. Involucro per il corpo che muta in base al pensiero creativo ma anche oggetto attraverso il quale tessere trame di emozioni. Tutto ciò è rappresentato nella mostra ideata da Wanda Nazzari che ha invitato tredici artisti a misurarsi nella realizzazione di un abito dove oltre al significato concettuale traspaia l’artigianalità dell’opera. Apparentemente inquietante il Penultimo Atto di Marco Nateri si rivela, invece, simbolo di rinascita tramite ghirlande di piccole rose bianche che cingono liricamente una bara di seta nera. L’abito scultura di Marilena Pitturru è quasi un calco che conserva le armoniose fattezze femminili, al contrario la Metamorfosi di Paolo Ollano si presenta come un involucro rigido ed informe che vorrebbe evidenziare l’impossibilità di esprimersi. E’ una sorta di corazza per difendersi dalle insidie di un mondo ostile l’abito-scudo di Simone Dulcis dalle valenze fortemente tribali. Ironica l’interpretazione del duo Maria Cristina Boi e Margherita Usai con Cercasi Adamo, mentre Franca Nurchis con la sua ieratica creazione amalgama sabbia a cromatismi bluastri ispirandosi al mondo dei tuareg. Fedele alla sua costante ricerca geometrica Marina Madeddu confeziona Fantasia di lana 50%, fibra acrilica 10%, ottimismo 40%, coloratissima tunica a bande lavorata a maglia.Non convince l’abito di Luisanna Atzei il cui intento di rifarsi alle antiche vesti sarde si riduce ad una sorta d’abito-bomboniera, si distingue, invece, l’opera “esplosiva” di Silvia Argiolas dedicata al drammatico episodio delle sanguinarie vedove di Dubrowka. E’ facile riscontrare la stessa forza espressiva nell’Intoccabile abito di Annalisa Achenza che tesse fili spinati e chiodi con carta dipinta e scampoli. Ancora echi bellici in 1943 di Antonello Ottonello raffinata sottoveste merlettata memore di tragici eventi. Chiude l’esposizione l’Anturium di Maria Grazia Medda che si traduce nel coronamento cuoriforme di un fantasioso frac paradossalmente confezionato con tela grezza da cui si nasce un delicato tulle nero.

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