Fridamania
Definito dalla critica cinematografica americana come uno dei dieci film favoriti dell’anno per il Golden Globe, Frida Kahlo rimane ancora un’incognita alla vigilia della sua uscita nelle sale italiane. Infatti se negli States ha avuto un notevole successo – proiettato in 254 sale con 22 milioni di dollari d’incasso al primo week end di gennaio – la critica italiana non si è espressa altrettanto positivamente dopo la presentazione alla serata inaugurale del 59° Festival di Venezia . Diretto da Julie Taymor (Titus), con innumerevoli difficoltà ad iniziare dai produttori poco propensi a rischiare per “labiografia di una donna pelosa, bisessuale, comunista e messicana”, il film è tratto da un romanzo di Hayde Herrera.
Come da consuetudine Hollywood assicura un nutrito cast: da Antonio Banderas nel ruolo di Siqueiros, al corpulento Rivera interpretato da Alfred Molina, a Geoffrey Rush nei panni di un anomalo Trotzkji, fino ad Ashley Judd nella parte della fotografa Tina Modotti. Lungamente conteso tra Madonna e Jennifer Lopez, il ruolo di protagonista è stato conquistato dalla messicana Salma Hayek, interprete della sofferenza di una donna vittima di un tragico incidente che ha reso la sua breve vita un calvario.Caratterizzato da valenze cromatiche particolarmente accese e da frequenti sconfinamenti nel grottesco, la pellicola rientra pienamente nell’ambito surreale e nella tradizione latino-americana dell’universo artistico di Frida, pur lasciando molte perplessità. Quadri che improvvisamente si animano ed improbabili collages irreali ne fanno un film visionario ma che rischia di trascendere nella farsa in alcuni episodi come il Rivera-cartone in veste di King Kong, il macchiettistico Trotzkji innamorato di Frida o la banale e fugace apparizione di un ometto con basco che esordisce con “Piacere, sono Pablo Picasso”.
Ma sembra non convincere anche la sceneggiatura completamente incentrata sulla tormentata storia d’amore tra Frida e Diego che sconfina nella melassa semplicistica trascurando la natura rivoluzionaria dell’artista. Prendendo atto che le scene memorabili sono essenzialmente musicali e che queste da sole rendono il film imperdibile, A. O. Scott nel New York Times sostiene che Frida, concepito sotto forma di musical, avrebbe potuto vantare una produzione eccellente. In realtà la percezione è che gli autori si siano spinti in un ambito insidioso e con mezzi azzardati, ricostruire la biografia di un’artista fuori dal comune e particolarmente complessa come quella di Frida Kahlo, vissuta in un periodo storico cruciale e che ha fatto della sofferenza la protagonista della sua esperienza artistica, non è certo da prendere alla leggera.Alla luce di queste considerazioni come pretendere che tutto ciò sia stato facilmente tradotto in pellicola cinematografica? Se non altro perché si tratta di una produzione americana, ma a questo punto non rimane che stare a guardare…
A proposito di Cagliari e Frida...c'è stato qualche mese fa un evento dedicato alla Kahlo,organizzato dalla cooperativa teatrale Fueddu e Gestu di Villasor. Incorporava teatro, cinema, fotografia...E' stato davvero bello, peccato che non gli sia stata data l'importanza che meritava davvero.
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