Mario Sironi


1919 – 1959. Ricostruzione del percorso artistico di un maestro che alla tradizione rinascimentale seppe applicare la nuova sensibilità “novecentista” senza rinunciare alle avanguardie. Sessanta dipinti di Mario Sironi, tra i grandissimi dello scorso secolo...

Assorbito dall’ideologia di regime, assimilata nel ventennio fascista dalla poetica novecentista, il percorso artistico di Mario Sironi, ha influito negativamente sul giudizio della critica per lungo tempo precludendogli ogni dovuto riconoscimento. Tuttavia pur occupando una posizione preminente all’interno del gruppo riuscì a ritagliarsi una dimensione del tutto personale che gli consentì di esprimere la condizione inquieta e drammatica dell’umanità. Fin dall’esperienza futurista Sironi si distaccò dal linguaggio macchinicodi Balla e Boccioni rivelando una sintesi formale e concretezze volumetriche masaccesche lontane da scientificità dinamiche. La mostra-evento del capoluogo sardo avvia il suo percorso espositivo con “Il camion giallo” opera realizzata nel 1918, a cavallo tra l’esperienza futurista e quella dell’immediato dopoguerra, e prosegue con una serie di “Paesaggi urbani” nei quali il dramma esistenziale, definito dai desolati caseggiati squadrati e da ciminiere che improvvisamente emergono dal nulla, è risolto con violenti contrasti chiaroscurali a rappresentare le spoglie periferie.
Tra i ritratti emerge l’imponente figura de “L’architetto” plasticamente rilevata e ottenuta con incisiva sintesi stilistica frutto del purismo novecentista. E’ la struttura architettonica, talvolta espressa nella pura essenzialità delle forme altre contraddistinta da una sobria classicità, a fare da protagonista in quasi tutta la produzione sironiana dagli anni ’20 agli anni ‘40 e ad affiancare l’interpretazione dell’umanità nel suo più arcaico monumentalismo. Risentono delle vaste progettazioni murali le celebri “Composizioni”, geometricamente spartite, animate Sironi - Il camion gialloda figure fortemente ieratiche e ripetitive la cui iconografia sembra derivare dalle teorie musive delle vergini ravennate. Con gesto rapido e vigoroso rileva ossessivamente le figure trasformando la superficie in un esasperato horror vacui. Oltre ai cinquantanove dipinti la mostra è arricchita da trecentodiciassette illustrazioni, alcune delle quali inedite, realizzate per “Il popolo d’Italia” e grazie alle quali il maestro riuscirà ad impiegare le sue doti di disegnatore e profondo osservatore della realtà penetrando gli aspetti più reconditi della società totalitaria. I conflitti esistenziali sono palesi anche nell’opera grafica; dal 1921 al 1942 Sironi saprà essere interprete attento e abilmente satirico del quotidiano di regime ma spesso la lucida analisi sarà accompagnata da aspetti fortemente drammatici.
Sono migliaia le illustrazioni, legate a fatti, persone e avvenimenti, frammenti di cronaca che come un grande puzzle ricostruiscono il ventennio fascista, prezioso patrimonio lungamente trascurato dalla critica. Nel 1916 Boccioni scriverà “Le illustrazioni del pittore italiano Sironi superano per potenza plastica, per interesse drammatico e per spirito ironico le più celebri, le più “copiate” illustrazioni di qualsiasi giornale o rivista europea o americana”.

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