Andy Warhol. L'opera grafica

“La ragione per cui dipingo in questo modo è che voglio essere una macchina. Penso che tutti dovremmo essere macchine.” Nel panorama artistico americano degli anni ’60, dominato dall’espressionismo astratto e dal rifiuto di ogni controllo razionale a favore di una profonda spiritualità, la reazione di Andy Warhol sarà quella di riprodurre la realtà che lo circonda dissacrando l’opera d’arte nella sua originalità di pezzo unico per farne un “prodotto” commerciale. La riproducibilità assoluta dell’opera e la negazione dell’atto creativo saranno possibili attraverso la tecnica serigrafica della quale Warhol si servirà largamente per riproporre le immagini più banali della società americana ormai ingoiata dal più sfrenato consumismo. Trasfigurati e decontestualizzati, i modelli della società massificante, svuotati da ogni valenza espressiva e resi nella loro più scarna essenzialità, sono presentati con accentuazioni cromatiche spesso abbaglianti che celano una parvenza quasi inquietante.


Provengono dalla Fondazione Mazzotta le 80 opere in mostra del maestro della Pop Art che fece di se stesso un’icona del XX secolo. Agli anni ’60 appartengono i pezzi da supermercato tra cui le ossessive lattine di Campbell’s Soup e i volti delle più grandi star hollywoodiane da Elisabeth Taylor a Marilin Monroe, sex simbol tramutati in beni di consumo. Dal 1972 Warhol darà vita dai 50 ai 100 ritratti l’anno, tra questi il volto di Mao, che trasfigura in un elemento decorativo, e quelli di Einsten della Bernhardt e di Gertrude Stein ai quali sovrappone campiture cromatiche per una ricerca formale fino ad allora trascurata. Realizzati nel 1981 Superman e Michey Mousefanno parte della serie intitolata “Myths” e tra i quali rientrano una serie di autoritratti a celebrare uno dei più grandi miti americani ormai divenuto parte dell’immaginario collettivo. 


Entrato nell’ottica d’essere dotato di particolari poteri che gli permettevano di trasformare qualunque banalità in qualcosa di eccezionale il re Mida americano approfittò del momento per proporsi anche come regista e produttore cinematografico e come se non bastasse fondò un celebre complesso rock, quello dei Velvet Underground che hanno fatto da colonna sonora all’inaugurazione cagliaritana. In mostra quindi anche diversi preziosi cimeli come le copertine di alcune videocassette di film e lungometraggi nei quali l’erotismo è l’elemento principe, e alcune copie della famosa rivista Interviev, da lui fondata negli anni ’70 e che riportava interviste delle celebrità del tempo.Un doveroso omaggio, la ricca rassegna proposta dall’ExMà, al grande fenomeno “commerciale” che risponde al nome di Andy Warhol e che fece della sua vita un vero e proprio business: “Fare soldi è un’arte, lavorare è arte, un buon business è la migliore opera d’arte”.

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