La Collezione Antaldi

Risale al 1992 il rinvenimento della preziosa raccolta Antaldi, celata per oltre un secolo nella Biblioteca Oliveriana di Pesaro, e che tutt’oggi rivela alcuni tratti oscuri all’interno di una lunga ed intricata vicenda. Nel 1803 il marchese Antaldo Antaldi ricevette dallo zio Raimondo Santinelli un lascito patrimoniale che comprendeva tra gli altri possedimenti un centinaio di antichi disegni, tra cui alcune decine autografi appartenenti al periodo umbro-marchigiano e fiorentino del grande Raffaello. Secondo fonti secentesche il nucleo originario di tali fogli fu ereditato da Timoteo Viti direttamente dal maestro – data l’amicizia e la presunta collaborazione - per poi passare agli eredi urbinati ed essere venduti in parte al collezionista francese Crozat nel 1714. Il resto della collezione, arricchita dai disegni di successivi maestri, andò a far parte del patrimonio della famiglia Antaldi. Ma il destino volle che anche questi ultimi lasciassero l’Italia per non farvi più ritorno. Nel 1820 il marchese partì per Londra e vi rimase fino alla morte di Carolina di Brunswick, moglie ripudiata di re Giorgio IV d’Inghilterra, alla quale era particolarmente legato e che sostenne generosamente dopo il suo esilio, ma che fu anche la maggior causa del suo tracollo finanziario. Era il 1824 quando l’Antaldi decise di vendere i disegni del maestro urbinate al mercante inglese Samuel Woodburn dopo averne fatto realizzare delle copie. Ora per poterli ammirare è necessario recarsi l’Ashmolean Museum di Oxford.
Degli 803 fogli della collezione 80 sono stati selezionati per la mostra in corso e uno di questi, fortunatamente sfuggito alla vendita, è opera di Raffaello. Si tratta di un piccolo ritaglio cartaceo nel quale il giovanissimo maestro schizzò sul recto una Figura acefala, probabile studio preparatorio per la Resurrezione ora a San Paolo del Brasile, e sul verso un Nudo riconducibile al disegno per la pala di San Nicola da Tolentino, oggi a Lille. Altro punto chiave della collezione esposta è il frammento del disegno preparatorio del San Giovanni per la Crocifissione di Sansepolcro realizzato con profonda intensità ed ineguagliabile forza espressiva da Luca Signorelli. A fare da cornice ai due capolavori i quattordici disegni del sopracitato Timoteo Viti, eseguiti nel primo decennio del Cinquecento, il disegno giovanile di Gerolamo Genga e venticinque schizzi realizzati con le più svariate tecniche dal grande disegnatore urbinate che fu Federico Barocci. Appartengono, invece, alla cultura secentesca due raffinate figure di donna del bolognese Guido Reni e un gruppo di disegni del fiorentino Cecco Bravo. Dopo i numerosi schizzi del marchigiano Gianandrea Lazzari il percorso espositivo si avvia alla conclusione con le incisioni di George Hayter, ultimo possessore della collezione. Dedicate alla Gazza Ladra le opere rappresentano un dovuto omaggio al grande amico Antaldo Antaldi che dopo essersi occupato della ristrutturazione del Teatro Nuovo volle per la serata inaugurale l’allora ventisettenne Gioacchino Rossini che diresse magistralmente al cembalo il famoso melodramma. Era il 10 giugno 1818.

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