La storia della Galleria Duchamp
Ha rappresentato il punto di riferimento dell’arte contemporanea in Sardegna tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta. All’Exma il tentativo (non riuscito) di ricostruzione storica della galleria Arte Duchamp di Angela Grilletti Migliavacca, un unicum ancora non replicato nell’isola. In mostra centinaia di pezzi.
La storia della galleria Arte Duchamp
Fondata a Cagliari da Anouk Van de Velde nel 1973, la galleria prende in prestito il nome da Duchamp, che in francese significa campo, stesso significato di Van de Velde in olandese, e in poco tempo si afferma come una realtà espositiva imprenscindibile, punto di riferimento di quegli artisti della neo avanguardia sarda. Artefici di quella rottura dei canoni estetici legati a tradizione e folclore, che provenivano da Studio 58, Gruppo di Iniziativa, Gruppo Transazionale, Centro di Cultura Democratica, Gruppo della Rosa e Gruppo A. All’epoca la galleria si occupa per lo più di grafica.
Nel 1976 Van de Velde lascia la Duchamp in mano ad Angela Grilletti Migliavacca, sua socia dal 1974. Cinque anni dopo entrerà a far parte dell’Associazione Italiana Gallerie d’Arte Contemporanea consentendole di partecipare ad eventi speciali come la mostra diffusa di Fontana e l’Undicesima Quadriennale romana. Da piazza Gramsci la galleria si trasferisce prima in via Marche, fino al 1986, e poi in via Satta, fino al 1992 quando chiuderà i battenti.
La scuderia della galleria
Con una programmazione costante per circa un ventennio la galleria ha promosso gli storici sardi Gaetano Brundu, Tonino Casula, Aldo Contini, Nino Dore, Maria Lai, Ermanno Leinardi, Angelo Liberati, Mauro Manca, Luigi Mazzarelli, Costantino Nivola, Primo Pantoli, Igino Panzino, Pinuccio Sciola, Zaza Calzia e i giovanissimi Enrico Corte, Andrea Nurcis e Danilo Sini e portato sull’isola opere di Turcato, Ceccobelli, Dorazio, Fontana, Melotti, Perilli, Pozzati, Pranpolini, Rotella, Scialoja, Steimberg e Veronesi. La promozione non si è limitata alle sole esposizioni in galleria, infatti dal 1976 la Duchamp ha preso parte per molti anni ad Arte Fiera a Bologna e organizzato personali tra Roma, Firenze, Milano e Ferrara. Allo steso periodo risale l’ideazione del graffiante periodico Arte Duchamp Notizie da parte di Brundu e Casula.
Storici dell’arte e pubblicazioni
Ma la Duchamp non era solo una semplice galleria bensì un luogo di aggregazione, un mezzo di riflessione collettiva. Dotata di una biblioteca e numerosi video d’archivio, ospitava presentazioni, conferenze e dibattiti coinvolgendo nomi illustri come quelli di Mirella Bentivoglio, Giulio Carlo Argan, Corrado Maltese, Marisa Volpi Orlandini, Bruno Munari, Silvano Tagliagambe e Placido Cherchi. Non mancavano reading di poesia, rappresentazioni teatrali e performance con danzatori e coreografi. Nel 1980 nasce AD Duchamp Edizioni che, tra gli altri, realizzerà cataloghi dell’opera di Maria Lai, Tonino Casula e Costantino Nivola.
La mostra all’Exma
Arte Duchamp è stata un unicum in Sardegna per lungimiranza nel riconoscere i nuovi talenti, per l’altissimo livello del prodotto culturale, per i collegamenti oltremare che hanno offerto opportunità di confronto e scambio tra artisti con diversi background di appartenenza. La stessa Maria Lai, schiva per natura, senza l’appoggio della Arte Duchamp probabilmente non avrebbe avuto lo stesso percorso che l’ha condotta alla celebrità.
La mostra, curata da Noemi Migliavacca, figlia della gallerista, con Caterina Ghisu e Nicoletta Zonchello, avrebbe dovuto riflettere la realtà culturale dell’epoca. Ma così non è stato. L’allestimento asfissiante, privo di un criterio curatoriale, risulta illeggibile e penalizzante nei confronti delle opere. La disposizione stratificata, le luci sbagliate e il percorso confuso non le consentono di dialogare tra loro e col pubblico, nonostante Caterina Ghisu dichiari: Non abbiamo voluto un allestimento in ordine cronologico perché non avrebbe consentito di mettere in dialogo gli artisti che seguivano un certo discorso di ricerca ma abbiamo deciso di dividere le opere in sezioni tematiche. Sezioni tematiche che si limitano a disorientare ulteriormente poiché alla descrizione di mostre collettive si alternano confusionarie tendenze attribuite a gruppi o ad ogni singolo artista determinando una narrazione frammentata e discontinua. Mentre l’obiettivo avrebbe dovuto essere proprio quello del percorso cronologico per scandire le varie fasi e renderle facilmente leggibili. A completare l’operazione decine di inviti, opere (tra cui due di Appel) senza vetro, locandine e libri provenienti dalla biblioteca affollano, senza alcun criterio, le basi collocate al di sotto dei pannelli che ospitano le opere o su tavolini recuperati contribuendo ad ulteriore confusione.
Un’occasione mancata
La ricostruzione storica è fallace anche nella selezione degli artisti spesso semi sconosciuti o che hanno partecipato marginalmente alle attività della galleria, quando non del tutto mancanti come Maria Lai e Zaza Calzia. A discapito di artisti attivi per l’intero ventennio di cui la galleria possedeva l’esclusiva e che risultano rappresentati da una sola opera, talvolta minore. L’operazione fallisce totalmente nel restituire la rilevanza della storica galleria, factory polifunzionale, fucina di sperimentazione e crocevia degli artisti sardi dell’epoca, oggi in via di storicizzazione, che invece di celebrarne la memoria finisce col tradirla.
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