Elio Ticca - DIVINAE
Come la profondità del mare che resta sempre immobile per quanto agitata ne sia la superficie, l’espressione delle figure greche, per quanto agitate da passioni, mostra sempre un’anima grande e posata. Appaiono illuminati a rivelare l’essenza della serie Vacanze Romane di Elio Ticca, le parole di Winckelmann, uno dei massimi teorici del Neoclassicismo. Il corpo come veicolo d’indagine, come teatro dell’inconscio individuale e collettivo in precario equilibrio tra erotismo e sovvertimento della rappresentazione. Il corpo come Tempio del Divino.
Come un viaggiatore inglese del Gran Tour sedotto dal fascino dell’antico e della sua decadenza al pari di Piranesi, l’artista dà vita a scene dove l’architettura diventa palcoscenico della sublimazione del corpo maschile. Corpi atletici, nerboruti e vigorosi rasentano la perfezione muovendosi tra le rovine di Villa Adriana e delle Terme di Caracalla. E quando oggetti d’uso quotidiano gravitano tra i corpi nudi di Cupido e San Sebastiano la forza espressiva della composizione si focalizza sulla tensione muscolare, così come avviene nel torso nudo con serpente, trasfigurato in strumento ginnico, memore del Lacoonte dei Musei Vaticani, o nel dio dell’amore intento a scagliare con forza la sua freccia. Quelle di Elio Ticca sono figure archetipiche che individuano una presa di coscienza più intima del sé poiché la pittura per l’artista è autoriflessione e pratica spirituale. È autoterapia e cura dello spirito. La pittura è traduzione di emozioni attraverso forme e colori, è studio della luce, è specchio del pittore, e anche specchio degli altri; è una rivolta contro la vita, ma è anche meditazione sulla vita.
Dal classicismo rinascimentale di Botticelli al Neoclassicismo di David, dalla pittura tonale del Veronese alla sensualità dei corpi di Jenny Saville. E ancora dal Realismo Magico di Donghi e Balthus al Surrealismo di Magritte e Marx Ernst passando per la fotografia erotica di Mapplethorpe. La grammatica stilistica dell’artista racchiude questo e altro ma è soprattutto il riflesso di quell’atmosfera tutta nord europea. Di quella luce bianca che tanto si discosta da quella nostrana avvolgente e calda. È il sole freddo del nord che da un decennio fa da sfondo alle giornate dell’artista dominando sulla pittura.
Tra scene sportive e mitologia greco-romana su fondali di antiche rovine e dove l’elemento ricorrente è individuato nell’acqua, sia che si tratti mare, di fontane o laghi, si snodano una serie di opere ad olio su lino e legno che si accostano ad opere ad acrilico su carta i cui sfondi riprendono pattern lapideo-marmorei ad ospitare statue ironicamente cinte da hula hoop. La minuzia dei particolari e la loro accurata definizione, la precisione della linea e il sapiente intreccio compositivo. Tutto concorre a catturare l’attenzione dell’osservatore attratto dalla maestria di questo eclettico artista che si interroga ancora su come trovare l’Arcadia perduta.
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