Il film sulla violenza di genere di Jo Coda

Regista, fotografo e scrittore cagliaritano, Giovanni Coda, classe 1964, ha all’attivo 50 opere video, numerose serie fotografiche e progetti installativi esposti in Italia e all’estero. Sperimentatore indipendente, affronta tematiche sociali coniugando cinema, danza e arti performative con una cifra stilistica inconfondibile. Lo abbiamo intervistato in occasione dell’ultimo capitolo della trilogia sulla violenza di genere, il film Bride on the wind.




Dopo Histoire d’une Larme, ultima fatica dedicata all’eutanasia, arriva l’ultimo capitolo della trilogia incentrata sulla violenza di genere che ha avuto seguito dai pluripremiati Il rosa nudo e Bullied to death, ossia La sposa nel vento. Ce ne parli?

La sposa nel vento (Bride on the wind) arriva a quasi  dieci anni dall’inizio  del ciclo cinematografico legato alle tematiche sulla violenza di genere e iniziato con Il Rosa Nudo e la storia di Pierre Seel e proseguito con Bullied to Death che aveva come tema centrale il Bullismo Omofobico. La sposa nel vento segna il mio ritorno alla sceneggiatura in lingua italiana, in questo caso anche in lingua Sarda,  per affrontare un tema molto complesso: la violenza contro le donne. Un film molto difficile da organizzare anche per via delle varie direzioni - socio culturali -   che questo tema può prendere. Un film corale, dove un gruppo di donne, un gruppo di artiste, condividono performance, testi, gesti e vite del passato. Il tutto filtrato in chiave contemporanea.  


Muovi dalla vicenda dell’orgolese Antonia Mesina, massacrata a colpi di pietra da un paesano per essersi opposta a un tentativo di violenza sessuale, ma compaiono anche altre figure di donne illustri, quali? 

Nel film ci sono alcuni riferimenti a Tina Modotti, Frida Kahlo, Francesca Woodman . Nella sceneggiatura, composta prevalentemente da fatti di cronaca, vengono citate lettere, poesie, frasi legate a queste grandi artiste che hanno percorso l’intero novecento.  Il film è un omaggio alla donna, un omaggio senza confini. 


Sono passati diversi anni dalla stesura del film, come mai?

Il film ha avuto una vita produttiva davvero complicata. Bocciato, nei precedenti anni, per due volte dalla commissione Artistico/Culturale che si occupa del cinema in Sardegna, con la motivazione considerava il film e la tematica irrilevanti dal punto di vista dell’identità regionale sarda. A questa clamorosa sciocchezza si è aggiunta anche la tragedia della  pandemia.  Alla fine, sostenuto dalla casa di produzione romana Movie Factory e dal suo presidente Francesco Montini, è arrivato un piccolo contributo che abbiamo colto al volo per entrare in produzione. 


Lo hai definito un docufilm neo-sperimentale. Ci spieghi il perché?

Il termine “neosperimentale” è una citazione del critico cinematografico Adriano Aprà che con il progetto FuoriNorma sostiene e programma quella parte di cinema italiano non mainstream che stenta ad affermarsi per mancanza di coraggio produttivo e distributivo. Nella sostanza il cinema indipendente italiano supportato dal lavoro di tanti colleghi registi, autori e produttori vive una rinascita attraverso l’ibridazione dei generi cinematografici classici. La sposa nel vento, ma nel mio caso tutta la mia cinematografia dal Rosa Nudo ad oggi, ibrida cronaca documentaristica con ricerca visuale mutuando da altre arti – fotografia, danza e musica in primo luogo – linfa vitale a sostegno del linguaggio cinematografico e dei percorsi narrativi alternativi alla fiction. 


Nel cast oltre a Lorenzo Balducci anche la grande Serra Ylmaz. Come vi siete incontrati e qual è il suo ruolo nel film?

L’incontro con Serra e Lorenzo è stato opera di Giovanni Minerba (creatore assieme ad Ottavio Mai del Torino LGBT Film Festival – ora Lovers Film Festival) che ci ha messo in contatto. Serra e Lorenzo hanno ricevuto il copione e le indicazioni di regia, dopo avere visionato i miei lavori precedenti, e hanno accettato con entusiasmo. E’ stata una bellissima esperienza. Serra Yilmaz introduce il film e ne diventa voce narrante. Lorenzo Balducci oltre che voce narrante, interpreta il ruolo di Antonio Julio Mella rivoluzionario cubano compagno di Tina Modotti. 


Colonna sonora di Andrea Andrillo, Cosimo Morleo, Max Fuschetto, Arnaldo Pontis, Matteo Casula e Marco Rosano e abiti di Antonio Marras. Vuoi svelarci altri particolari?

Anche qui, come sempre nei miei film, l’aspetto musicale è fondamentale, è parte integrante della sceneggiatura. Sono davvero molto soddisfatto delle musiche che mi sono state proposte e del risultato ottenuto. Gli abiti di Marras, bellissimi,  sono visibili nel tributo  alla Beata Antonia Mesina in apertura del film. Le scene di danza  in questione sono state realizzate  in collaborazione con  il coreografo  Paolo Mohovich.   Mallena Mesina mi ha introdotto alla storia di Antonia e ai canti “Sos Attitos” originali (all’epoca -1935 -cantati dalla madre), recuperati grazie alla memoria delle donne che parteciparono alla veglia  funebre,  nel film eseguiti da Sebastiana (nota Tattana) Devaddis e Maria Corda.  


Sono numerose le location scelte in giro per la Sardegna. Vuoi citarne alcune?

Il lavoro di Location Scouting è durato circa un anno e alla fine, per il mio primo film in cui gli esterni giocano un ruolo fondamentale: ho scelto Orgosolo, Ulassai, San Leonardo di Siete Fuentes, Riola, Ingurtosu (Arbus), Cagliari e Quartu Sant’Elena.  


Per quando è in programma l’uscita del film?

La distribuzione dovrebbe iniziare a fine autunno di quest’anno.



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