Nel ventre della Sardegna


Venti scatti in bianco e nero dell’ogliastrino Gianluca Chiai restituiscono uno dei territori  primordiali più impenetrabili e affascinanti della nazione: il Supramonte. In un progetto curato da Chiara Manca,  al Centro Fotografico Cagliari di Cristian Castelnuovo fino al 4 agosto.



Questa terra non assomiglia a nessun altro luogo. Scriveva D. H. Lawrence in occasione del suo viaggio in Sardegna nel 1912. E lo dimostra Gianluca Chiai che, nel corso di un venticinquennio ha esplorato, studiato e restituito nell’arco di un anno la complessità del luogo più aspro e incontaminato dell’isola: il Supramonte. 
Cuore pulsante e selvaggio della Sardegna centro-orientale, il Supramonte è un antichissimo complesso montuoso con un’estensione di 35.000 ettari, in parte ancora inaccessibile, abitato già dalla preistoria e caratterizzato da foreste, sorgenti, grotte, altopiani, picchi rocciosi, doline e falesie. Un territorio immenso dalla natura selvatica e inviolata che è stato per secoli rifugio di pastori e banditi. Teatro di violenza ma al contempo territorio generoso di scorci mozzafiato che l’artista cattura con maestria restituendogli una connotazione poetica che lo pone al di là di ogni tempo e luogo. In un rigoroso bianco e nero che ne rivela l’essenza più profonda, Gianluca Chiai fissa sulla pellicola un territorio impervio, impenetrabile e misterioso, avvolto dalla notte dei tempi da un silenzio surreale che lascia emergere.


Ed ecco che dal suolo s’innalza, in tutta la sua selvatica potenza, un nodoso ginepro millenario modellato dal vento mentre tra foreste e arbusti e sotto un cielo plumbeo di tanto in tanto compare un pinnettu, capanna-rifugio dei pastori, fino ad arrivare al fantastico paesaggio lunare fatto di creste calcaree che s’incastrano tra loro come squame. In questa terra aspra e ostile ricca di antiche storie e impossibile da domare.




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