Behind the scenes al Macro Roma
Inquadratura
fissa, dissolvenze al nero, performers che offrono il loro corpo come
territorio d’indagine da cui muovere. Tra danze convulse, intrecci di braccia e
gambe che vibrano, palpitano contrapponendosi alle atmosfere decadenti e senza
tempo di strutture abbandonate dov’è la memoria a farla da protagonista, con
una potenza espressiva travolgente. Fuori campo una voce narrante in lingua
originale, guida lo spettatore e ne scandisce i momenti cruciali amalgamandosi
all’enfasi che la colonna sonora trasmette. Con una carica visionaria che
attinge al cinema sperimentale, al confine tra performance e video arte,
l’opera cinematografica di Giovanni Coda, sensoriale e metaforica, è contrassegnata
da contrapposizioni stilistico-espressive tra il racconto di matrice
documentaristica e quella parte più immaginosa e a tratti patinata. Con una cifra
stilistica identificativa inequivocabile e facilmente riconoscibile, che esclude
ogni genere di inquadramento nell’ambito di una qualsivoglia tendenza.
L’estrema
sensibilità del regista coniugata all’originalità della rappresentazione è
congeniale a volgere lo sguardo su argomenti ostici che grondano di dolore.
Scomode realtà che affronta con audacia e morbida raffinatezza convertendole in
pura poesia visiva. Da Il Rosa Nudo,
atto primo di una trilogia sulla violenza di genere che ricostruisce gli orrori
nazisti nei confronti degli omosessuali, con un focus su un devastante episodio
realmente accaduto dove un diciasettenne deportato, torturato e violentato,
assiste all’atroce morte del compagno; a Bullied
of Death, film di denuncia sociale sulla piaga del bullismo omofobico che
ha condotto un quattordicenne al suicidio dopo ripetuti atti di cyber-bullismo;
fino ad arrivare a Mark’s Diary dove
il regista sviscera la tematica tabù, tanto complessa quanto delicata,
dell’assistenza sessuale nella sfera della disabilità, ispirato dal romanzo “Loveability”
di Maximiliano Ulivieri. Concepito con stralci montati a ritroso che
attribuiscono ulteriore vigore alle scene, i corpi avvinghiati si
contrappongono ai gesti silenziosi dei due protagonisti condannati a sofferenza
perpetua per l’amore negato. Per finire con il cortometraggio Xavier per il quale attinge ad un
episodio di cronaca nera, quello dell’attentato a Parigi nel 2017 dove perse la
vita un gendarme. Il regista narra le ultime 24 ore attraverso le strazianti parole
di una lettera scritta dal compagno. Il risultato è quello di una storia
d’amore struggente spezzata dall’odio più cieco, mirabilmente descritta dal momento
che, parafrasando Ingmar Bergman, “non
c’è nessuna forma d’arte come il cinema per colpire la coscienza, scuotere le
emozioni e raggiungere le stanze segrete dell’anima.” E in tutto ciò
Giovanni Coda è maestro.
Roberta Vanali
(Testo di presentazione
della video-installazione di Giovanni Coda “Behind The Scenes”,
a cura di Roberta
Vanali, Cosimo Morleo e Arnaldo Pontis, dal primo febbraio al Museo Macro Roma)
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