Ruben Montini a Cagliari, atto II

La dimensione intima della pratica del cucito e del ricamo, proveniente dalla tradizione sarda, al servizio dell’emulazione dei cliché del mondo femminile.


E’ dall’ironico ritratto che lo vede giocare alla principessa - così come avviene nell’immaginario di ogni bambina - che prende avvio l’ultimo progetto di Ruben Montini per chiudere il cerchio de La vestizione della Sposa con l’obiettivo di mettere in scena l’aspetto meno conosciuto della sua pratica artistica: l’esperienza manuale che coniuga all’attività performativa. Perciò si è cimentato personalmente nella realizzazione di ogni singola opera, che in genere affida alle sapienti mani di professionisti. Dalle maglie indossate dai quattro ragazzi che accolgono il pubblico offrendo da bere, impreziosite dalle parole splendida, favolosa, fantastica, stupenda. Alla corona in rame indossata dagli stessi per mettersi in bella mostra e lasciarsi fotografare, dal momento che anche in questa occasione è chiamato in causa l’intervento del pubblico, per una fruizione dell’opera più intima e diretta.
 

Fino ad arrivare quello che a prima vista appare un arazzo proveniente dalla tradizione sarda ma che ad uno sguardo più attento si rivela in realtà un assemblaggio di ritagli di broccato che  emulano i motivi della tessitura isolana. Restituisce la stessa sensazione straniante, ma allo stesso tempo poetica, il tessuto apparentemente ricamato con motivi floreali geometrici e figure di animali, come la pavoncella e i cavallini che a loro volta provengono dalla tradizione scultorea bizantina. Per poi lentamente scoprire, girandoci intorno, che è il retro del tessuto a farla da protagonista, con quel tripudio di fili colorati che si liberano dalla costrizione del ricamo per assumere vita propria. Gli stessi fili che tengono la corona del ritratto sospesa al soffitto, paradossalmente realizzata con ritagli di stoffa. Questo è tutto quello che l’artista ha voluto offrire. E non ci pare poco.

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