Sotto il segno del cinema d'autore


L’indagine sul rapporto tra segno e cinema è alla base della mostra che analizza il diverso approccio con l’opera filmica di 14 registi italiani. Da Ettore Scola a Marco Bellocchio, da Mario Martone a Matteo Garrone, fino ai sardi Enrico Pau e Giovanni Columbu.


Scarabocchi personali, destinati più al cestino che al cassetto. In questo modo Ettore Scola definisce i suoi disegni, che nulla hanno a che vedere con i classici storyboard. Si tratta in realtà di ghirigori mentali, giochi di parole visivi, segni tracciati per distrazione riflettendo ad altro o a niente. Prende avvio dal regista di C’eravamo tanto amati la mostra che intende indagare l’universo estetico di alcuni dei più celebri cineasti italiani attraverso il segno. 


Quello di Scola è da sempre un esercizio di pensiero, appunti sotto forma di immagini dettati dall’esigenza di arrivare alla sintesi attraverso pochi e veloci tratti. Ma è soprattutto la caratterizzazione dei personaggi e la messa in scena delle mostruosità quotidiane ad interessare l’impietoso osservatore del costume italiano che apre l’esposizione.


Diversi gli approcci dei 14 registi che svelano le multiformi sperimentazioni suggerendo intuizioni, più o meno rivolte alla sperimentazione, esplorazioni e direzioni che raccontano il primo embrione dell’idea, il montaggio o le vedute d’insieme attraverso i diversi medium espressivi (disegno, pittura, fotografia, installazione) rivelando al pubblico la loro personale poetica ma anche il modus operandi. Alcuni con funzione preparatoria, che anticipano o si affiancano ai fotogrammi, altri realizzati a posteriori come approfondimento dell’elaborazione filmica e che assumono una autonoma valenza estetica. Tra questi i dipinti giovanili di Marco Bellocchio, di matrice strettamente espressionista, distorti, stranianti e dai cromatismi acidi, comparsi sul set di L’ora di religione, e diversi schizzi che ora utilizza come storyboard.



E se Mario Martone si affida alla fotografia per fissare idee, paesaggi ma soprattutto atmosfere - in esposizione le istallazioni di mappe fotografiche di Morte di un matematico napoletano e L’amore molesto - Matteo Garrone si avvale di Makinarium, centro creativo e produttivo esperto in effetti speciali, per la realizzazione de Il racconto dei racconti. In mostra altre a disegni, bozzetti e video anche maschere e strumenti di lavoro. E ancora gli storyboard di Volere Volare e Ratataplan di Maurizio Nichetti, che coniuga cartoon al cinema muto; gli inchiostri acquerellati desolati e inquietanti di Enrico Pau per L’Accabadora, e i disegni post produzione di profondo impatto emotivo di Giovanni Columbu per il cruento Su Re. Affiancata dalle immagini di Maraviglioso Boccaccio, la progettazione certosina degli abiti di scena da parte di Lina Nerli Taviani raccontano le atmosfere del Decameron dei fratelli Taviani, mentre si presenta totalmente al buio la sala riservata a Carlo Hinterman per il documentario d’animazione The dark side of the sun, dedicato ai bambini affetti da XP costretti a vivere la notte per l’estrema fotosensibilità. 



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