Il caos calmo di Alessandra Bonoli


Un evento è una smagliatura del Mondo. Un evento, se è davvero tale, è un caso, è qualcosa di totalmente imprevedibile e totalmente accidentale, che smaglia ogni rete, ogni trama di necessità che tiene assieme un Mondo.” Scrive Davide Tarizzo interpretando il pensiero cosmogonico di Deleuze riferito al caos, dal momento che rappresenta il risultato dell’azione di complesse connessioni tra le parti di un sistema.
Il caos, infatti, non nasce dalla casualità, bensì dall’ordine, un ordine talmente complesso da essere occulto alla mente umana. Il fulcro dell’installazione sonora “Perimetro e bilancia” di Alessandra Bonoli – allo Spazio (in)visibile fino al 31 ottobre con la curatela di Anna Oggiano – si fonda sulla ricerca di quell’ordine oscuro alla nostra ragione attraverso una doppia meridiana che diventa strumento di equilibrio.


Prende avvio nel 1978 durante un viaggio in Scozia e si conclude 28 anni dopo in Turchia, il work in progress dell’artista che, tra i 56 paesi passati in rassegna, ha individuato quattro punti cardinali simbolici: Loch Ness (nord), Sahara (sud), Himalaya (est) e Amazzonia (ovest). Immortalati fotograficamente, ognuno dei luoghi presi in esame ha subito un processo che si sviluppa orizzontalmente sulle pareti scandendone le varie fasi.
Dall’intervento con acetati trasparenti, volto ad evidenziare i tratti fondamentali dell’inquadratura, alla creazione di un “tracciato ritmico”, che diventa un vero e proprio spartito tradotto in musica da HistriX (Cesare Reggiani e Paolo Giovannini) e diffuso in sala per fare da colonna sonora al progetto. Mentre al centro della sala svetta verticalmente la meridiana in ferro dipinto che, tra illusione ottica e realtà, diventa anche simbolo di fusione delle note alla ricerca del suono assoluto.
Con personalissime coordinate l’artista indaga il suono, individuando il centro del mondo attraverso le quattro vedute esposte, e l’armonia scaturita dal caos, ovvero quell’ordine generale che regna tra le diverse parti di un tutto, poiché – per parafrasare Bergson – “La disarmonia è semplicemente un’armonia a cui non siamo abituati”.

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