Premio Babel - La pittura. Un anno di ricerca
E’ trascorso esattamente un anno dall’inaugurazione della mostra dei vincitori del Premio Babel - concorso itinerante per giovani artisti finalizzato alla promozione e alla valorizzazione dell’arte contemporanea sul territorio sardo che ha fatto tappa al Ghetto di Cagliari, alla Pinacoteca Carlo contini a Oristano, alla Stazione dell’Arte a Ulassai e al Tribu Museo Ciusa di Nuoro - e la mostra che vi presentiamo è il risultato dell’evoluzione espressiva dei selezionati della sezione pittura. Le opere, realizzate ad hoc per lo spazio espositivo, sono tutte di grandi dimensioni e riassumono i tratti distintivi del personale linguaggio di ognuno degli artisti. Valentino Bardino si serve di scorci di paesaggi, dove in primo piano campeggiano tralicci e gru, per inscenare architetture rigorosamente geometrizzanti su sfondi stesi per campiture piatte, che rendono più evidente la bidimensionalità della rappresentazione. Mentre Silvia Mei spontanea e allo stesso tempo spietata, esprime un’innocenza infantile che attinge al Primitivismo e all’Art Brut per sviscerare l’animalità repressa e il decadimento fisico e psichico insito nell’esistenza umana ed esorcizzare conflitti interiori e incubi. Analizza la condizione umana per un ritorno a forme primigenie, Valerio Porru attraverso un immaginario altamente visionario, in vorticoso caos che giunge alla dissoluzione formale e materica per dare spazio al gesto pittorico. Massimiliano Rausa protende, invece, verso la ricerca di un’estetica dualistica che affronta il tema della congiunzione e del viaggio, inteso come spostamento della percezione, dalla cui riflessione scaturiscono inquietanti esseri ibridi che fluttuano in una dimensione surreale e senza tempo.
(Roberta Vanali)
Silvia Mei
La giovane artista, i cui riconoscimenti la consacrano oramai come talentuosa promessa dell'arte internazionale, continua la sua ricerca sui legami familiari i cui risvolti psicoanalitici sono fonte inesauribile di ispirazione. L'iconografia, ormai consolidata, attinge dall'Art Brut la volontà di avvalessi di una poetica autentica, scaturita dal profondo e non filtrata dalla buona pratica del professionismo. Le figure, ora madri, ora figlie, dal gusto a tratti boschano, sono inserite all'interno di ovali che ricordano certi ritratti fotografici dal sapore antico.
Valerio Porru
Artista valente dal curriculum nutrito di esperienze nazionali, propone un dittico dove le forme fitomorfe e zoomorfe, intrecciate in festoni di ascendenza barocca, la cui contemporaneità è tutta nella gestualità del segno, lasciano spazio ad una colonna vertebrale intesa come elemento architettonico quasi totemico. Più che al mondo pittorico, per il quale il simbolismo è rintracciabile in diverse fonti artistiche (pensiamo all'autoritratto di Frida Kahlo per citarne una) il dittico sembra rifarsi al mondo scultoreo anatomico, di origine seicentesca, e al fascino che deriva dalla costante oscillazione tra scienza e gusto per il macabro, fascino al quale non si sottrae tanta produzione artistica contemporanea.
Massimiliano Martino
Shamanesimo e pittura (uno espressione dell'altro) manifestano il tentativo costante dell'uomo di conoscere e descrivere l'universo, esigenza che deriva dal suo essere animale che si muove nei simboli (pensiamo a Pollock e alla pittura degli indiani Navajos). Pittore di razza e di robusta formazione tecnica, indaga questi mondi nelle due serie presentate. In una concentra i suoi virtuosismi su elementi simbolici e ritmici, quasi tribali, immersi in costellazioni attraversate da filamenti lattiginosi. Nell'altra ritroviamo le figure antropomorfe, già ammirate in passate opere, ridotte ad entità diafane che sembrano affiorare per partecipare della stessa sostanza degli sfondi immaginari. Nello shamanesimo riconosciamo lo stato di trance necessario a compiere il viaggio nel mondo degli spiriti e, forse, questa pittura sembra volerne conservare traccia, se non fosse per l'eccessiva maestria esercitata sul pennello che la riconduce ad una solida corrente surrealista.
Valentino Bardino
I tralicci robusti e ferrosi di Bardino, artista tra i più poetici del panorama giovanile, continuano a costellare i paesaggi indagati in un processo di visione, memorizzazione e restituzione che indugia volontariamente nel ricordo per rendersi vulnerabile a sentimenti e passioni. Tutto questo crea un risultato paradossalmente asciutto e sintetico quasi prossimo alla poetica concretista se non fosse per le forme geometriche astratte prestate alla progettazione ingegneristica. La visione sintetica delle forme è ricondotta da Bardino allo sguardo fugace e distratto dell'uomo moderno che non osserva più i particolari delle cose, ma è anche l'occhio attento e profondo dell'artista che le riconosce, direbbe Cézanne. Prospettive che trovano pace nella geometria.
(Efisio Carbone)
Testo di presentazione della mostra Premio Babel - La pittura. Un anno di ricerca
Contemporary Storing (Fondazione Bartoli-Felter)
A cura di Roberta Vanali e Efisio Carbone
dal 21 giugno al 3 luglio
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