I and I - Silvia Argiolas
La contemplazione della natura, tra incubo e sogno nelle opere di Silvia Argiolas. Attraverso suggestioni espressioniste che attingono dalla pittura nordeuropea. In un excursus di scenari silvestri. Tra cieli foschi e atmosfere ottenebrate…
Madre di tutte le cose. Principio del moto, e della quiete, e anche ordine divino, per la quale tutte le cose si muovono, e nascono e muoiono. La natura, il suo incessante pulsare e la stretta correlazione con la spiritualità sono protagonisti incontrastati del terzo appuntamento di Little Circus che ospita la più recente produzione di Silvia Argiolas (Cagliari, 1977). Muovendo dal presupposto che il fine ultimo della natura è l’uomo ed esso è il connubio tra realtà terrena e realtà ultraterrena, tra conscio ed inconscio, spirito e natura derivano da un medesimo principio in quanto la natura deve essere lo spirito visibile, lo spirito la natura invisibile, per parafrasare Schelling.
È un viaggio tra scenari silvestri oscuri sospesi tra incubo e sogno dove l’umanità è rigorosamente integrata al paesaggio e la notte incombe implacabile, minacciosa, avvolgendo ogni cosa. Confondendo cielo e terra nell’evidenziare lo stagliarsi di fasci di fiori, costante delle opere in mostra. Scie lievi come un soffio, come l’ultima esalazione di esseri antropomorfi, ibridi talvolta mostruosi. Spiriti inquieti che fuoriescono da corpi come conseguenza di un esorcismo, di ancestrali riti panici celebrati al chiarore di una luna spettrale. In un’atmosfera silenziosa, senza tempo né luogo, dove il sublime guarda all’orrore.
Archiviate definitivamente le suggestioni neo-folk con innesti del Sol Levante, l’artista si addentra sempre più nell’ambito nord-europeo - da Peter Doig a Daniel Richter - edulcorando forma e colore ma non le visioni metamorfiche allucinate, la complessa dimensione del disagio esistenziale, le deformazioni di mente e corpo o i paradisi artificiali. Nella superficie pittorica i cromatismi si fanno sempre più fluidi, si dilatano, invadono e deflagrano lenti. S’insinuano dove non sempre si accendono le stelle, tra alberi scheletrici, privi di fronde che inaspettatamente aprono nuove prospettive lasciando spazio ad una natura improvvisamente rigogliosa. Solo in apparenza maligna. Laddove il paesaggio non è sfondo o semplice cornice bensì assoluto e la catarsi purificazione che affranca l’individuo dagli umani dolori.
La contemplazione della natura e tutto ciò che ne consegue, dalla caducità dell’esistenza all’evoluzione e trasformazione alle forze soprannaturali, tutto si concentra in I and I, ovvero nella trasmutazione da corpo a spirito e non solo se è vero che, citando Munch, dal mio corpo in putrefazione cresceranno dei fiori ed io sarò dentro di loro: questa è l’eternità.
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