Uno sguardo nell'Invisibile
Strutturata secondo concezioni filosofiche che attingono a piene mani da Nietzsche e Schopenhauer - che per primi trasmisero all’artista il non senso della vita e come tale non senso potesse venire trasmutato in arte - la pittura Metafisica non rappresenta tanto meno interpreta la realtà bensì ne crea una parallela, metafisica, appunto. Una dimensione ambigua e inquietante dagli esiti contraddittori che fece da spartiacque al Surrealismo e influenzò una schiera di giovani artisti. Ed è proprio intorno a questa fase dechirichiana e a quei protagonisti che dall’artista e dalla dimensione metafisica rimasero folgorati che la mostra focalizza l’attenzione. Dai celebri pezzi come Nostalgia dell’infinito, Il Trovatore e Il tormento del filosofo si passa a Carlo Carrà che, col suo background futurista, si discosta notevolmente dagli esiti metafisici nonostante opere come L’ovale delle apparizioni o Il figlio del costruttore siano strettamente connesse al linguaggio di De Chirico.
Più addentro è invece Max Ernst che vede le sua produzione, per la prima volta nel 1919, sulla rivista Valori Plastici. Ma non quanto Magritte, l’unico capace di penetrare a fondo le sue visioni, in mostra con opere come La Condizione umana e La chiave dei Sogni ma anche con la meno nota La prova del sonno, che rappresenta il suicidio della madre avvenuto quando l’artista aveva appena 13 anni. Determinante e illuminante per la comprensione del suo percorso soprattutto per quanto riguarda la costante delle figure con il capo occultato da drappi o lenzuola. Macabra condizione nella quale fu ritrovato il cadavere della madre quando venne ripescato dal fiume.
Il percorso di Palazzo Strozzi passa in rassegna artisti come Savinio, Morandi, Nathan e Stoecklin per chiudere con Balthus e la grande tela Le passage du Commerce-Saint-Andrè. Artisti con l’ossessione di rendere visibile l’invisibile poichè, per parafrasare Klee, l’arte non produce ciò che è visibile, ma lo rende visibile.
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