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Una godibile ed eterogenea collettiva di pittura per comprendere in quale direzione la nuova figurazione evolve. Nove giovani artisti interpreti di diverse sensibilità e comune esigenza di indagare la realtà. Tra figurazione e astrazione…
Le ultime tendenze della pittura contemporanea in una selezione che coinvolge diverse nazionalità di artisti con un occhio di riguardo nei confronti della pittura americana. Questo l’obiettivo dell’ultima mostra allestita da Monica de Cardenas. Un eterogeneo spaccato della giovane arte dove emergono tratti distintivi con forti riferimenti alla realtà, attraverso stilemi che si discostano notevolmente dal linguaggio neo pop. A favore di una pittura più colta ma che inevitabilmente riporta a tutte quelle immagini che i giovani assuefatti fagocitano per interpretare la realtà contemporanea attraverso concetti vanno dal caos alla violenza alla caducità dell’esistenza. Il tutto coadiuvato da una buona dose d’ironia che talvolta sconfina nella dimensione più grottesca. In una modalità di rappresentazione che vede l’evoluzione della figurazione sempre più verso l’astrazione formale.
Dan Attoe (Bremerton, 1975) dipinge una tela giorno per capire come evolva la sua pittura rigorosamente figurativa. Surrealismo noir e prospettiva aerea sono il cardine della ricerca dove è il paesaggio a fare da protagonista. Sfondo psico-emotivo attraverso il quale esplora la condizione di tensione e angoscia alla base della cultura americana contemporanea. A tematiche ricorrenti come morte, violenza, sesso e religione coniuga recenti avvenimenti autobiografici e non attraverso cinici aforismi che attirano lo spettatore all’interno dei giganteschi paesaggi minuziosamente dettagliati. I frammenti narrativi di Michael Cline (Cape Canaveral, 1973) fanno riferimento invece ad epoche e luoghi diversi. La sua pittura enigmatica e a tratti nostalgica si rivela apparentemente familiare. Solo ad uno sguardo più approfondito emergono singolari individui che si muovono ai margini della società con riferimenti iconografici al realismo magico di George Grosz e Otto Dix. Le figurine in porcellana di Emy Bessone (New York, 1975) chiudono con la pittura prettamente figurativa.
Stravolge la logica prospettica dello spazio Helen Verhoeven, (Olanda, 1974) con gesto spontaneo e ingenua stilizzazione delle figure per un’analisi del linguaggio surrealista. Scene frammentarie che indagano concetti come vita e morte, attesa e partenza strutturano una pittura antinarrativa dalle campiture piatte con sgocciolature annesse, ispirata da immagini selezionate dalla rete. Partendo della teoria della catastrofe di Paul Virilio, Kristine Moran (Montreal, 1974) rappresenta il caos dell’immaginario metropolitano tra cromatismi abbaglianti e strati di materia vibrante. Immagini in rapido movimento, strutture che galleggiano nello spazio, automobili fuori controllo, tutto concorre a delineare la frenesia e l’alienazione della città americana esplorando la velocità in maniera futurista, ovvero disgregando la materia ma senza trascurare ferimenti come Bacon e Freud. Stesso punto di partenza per Haeri Yoo (Corea, 1970) ma con risultati più geometrizzanti e a tratti antifigurativi. Anche il tedesco Friedrich Kunat (Chemnitz, 1974) si muove tra astrazione e figurazione servendosi delle tecniche più disparate, così come il più debole, in quanto a forza espressiva, Iain Hetherington (Glasgow, 1978) e l’iraniana Laleh Khorramian, (Teheran, 1974) che amalgama olio e inchiostro su vetro per creare monotipi da stampare.
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