Futurismo 1909 - 2009
Una delle mostre più attese sul centenario del Futurismo. Con pochi capolavori ma con un percorso ricco di testimonianze utili alla comprensione del movimento. Dalle origini alle rivisitazioni degli anni Sessanta…
Tuuumb! Tuuun! Toum, Tza Tza!
Un vortice di parole in libertà, recitate ad alta voce e proiettate sulla facciata di Palazzo Reale echeggiano rumorosamente, rimbombano, cambiano struttura, colore e dimensione avvolgendo (talvolta disorientando) e conducendo lo spettatore all’ingresso. Dopo aver oltrepassato il modello monumentale della scultura di Giacomo Balla Linee-Forza del pugno di Boccioni. Stiamo parlando di uno tributi più attesi all’avanguardia futurista che mette in scena il vastissimo campo d’azione attraverso 500 opere – tra dipinti, disegni, sculture, progetti architettonici, scenografie, costumi, letteratura, fotografia, ceramica, grafica e moda – per ricostruirne il percorso dalla fine dell’Ottocento agli anni Trenta e concludere con le generazioni successive che hanno celebrato la più rivoluzionaria avanguardia europea.
Non può sussistere pittura senza divisionismo, confermano le prime opere di matrice divisionista dove il moto coinvolge i corpi dilatandoli nello spazio e moltiplicandone le vibrazioni. Sono ad opera di Balla, Boccioni, Severini e Previati i dipinti protofuturisti ottenuti con pennellate a piccoli tocchi o filamentose che compenetrano oggetto e spazio in una sorta di connubio tra l’esasperazione espressionista munchiana e il puntinismo scientifico di Seraut. Tra queste carica d’ineguagliabile forza espressiva è La pazza che intima il silenzio, di Balla, mentre appare come un manifesto di simbolismo e poesia La maternità di Gaetano Previati. Una sezione dedicata a Marinetti introduce il dinamismo plastico degli anni Dieci, ovvero l’esaltazione della macchina nell’era della civiltà industriale che prevede simultaneità, compenetrazione dei piani e complementarismo congenito attraverso il moto e la luce che disgregano la materialità dei corpi, come recita il secondo Manifesto. Non si possono non ricordare a proposito il Cavaliere rosso di Carlo Carrà, I ritmi dell’archetto di Balla e la celeberrima scultura di Umberto Boccioni Forme uniche della continuità nello spazio. Segue una sezione dedicata a disegni e progetti di Antonio Sant’Elia.
Una serie di Intonarumori (gorgogliatori, ululatori, ronzatori, sibilatori, ecc.), coi quali Luigi Russolo debutta a Milano nel 1914, precedono la ricostruzione della scenografia meccanica di Balla, Feu d’artificie, a suon di musica di Stravinskij per i balletti russi di Djiagilev. Tra il 1915 e il 1920, la ricostruzione futurista ad opera di Prampolini, Depero e Fillia sposta l’interesse peculiare dal dinamismo plastico ad un mix tra cubismo sintetico e costruttivismo che negli anni Trenta confluisce nell’esaltazione del volo dell’Aeropittura. Si giungerà presto a una nuova spiritualità plastica extra-terrestre, lo credevano Tullio Crali e Gerardo Dottori che propongono inquadrature a volo d’uccello distorte e surreali come in Dinamismo di mondi e Incuneandosi nell’abitato. L’eredità del Futurismo chiude l’esposizione con lo spazialismo di Lucio Fontana, la poesia visiva di Nanni Balestrini e le rievocazioni in tema di Schifano.Una mostra, quella di Palazzo Reale, senza grandi lodi, che non esibisce i massimi capolavori del movimento futurista ma che permette una visione globale utile alla comprensione del movimento e ai suoi protagonisti ribelli e anticonformisti, fanatici del dinamismo e del moto universale che pare ancora di sentire urlare a gran voce Ritti su la cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle! (r.v. exibart)
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